25 Gennaio 2008, 00.00
O
Teatro

«Processo a Dio» con Ottavia Piccolo

di Davide Vedovelli

Grande performance dell’attrice mercoledì sera a Manerbio, presso il Teatro Politeama, in uno spettacolo drammatico, che affronta il tema della Shoah.

È stata un’altra serata di grande teatro quella che si è svolta mercoledì 23 gennaio, presso il Teatro Politeama di Manerbio. Ottavia Piccolo, attrice di fama internazionale che esordì giovanissima recitando nel “Gattopardo†di Visconti, lavorando poi con Strehler e recitando a teatro con Paolo Villaggio (e scusate se è poco), ha portato in scena uno spettacolo provocatorio, intelligente ed emozionante ambientato in un campo di concentramento nazista.

Il numerosissimo pubblico, tra cui molti giovani, ha dimostrato di apprezzare la performance con parecchi minuti di applausi scroscianti.

Un tema non certo facile da trattare, e in più proposto in modo originale. Un processo a Dio, dove il quesito ultimo, a cui lo spettacolo non darà risposta, sembra essere: “Dio contro l’uomo o l’uomo contro Dio?â€.

Dove era Dio durante lo sterminio nazista? Il testo del giovane e davvero promettente Stefano Massini è diretto ed efficace: riesce nell’intento di dare realtà al fatto storico, tradurlo in emozioni vere, palpabili sulla scena. E se l’obiettivo è raggiunto in modo efficace è soprattutto per il grande lavoro di squadra compiuto. La regia di Sergio Fantoni e le interpretazioni degli attori comunicano l’urgenza, da parte dei sopravvissuti, di conoscere un perché, di dare un senso a tutto ciò che si è stati costretti a subire.
Questa urgenza si traduce in un processo: sul banco degli imputati niente meno che Dio.

I capi di accusa sono cinque: perché Dio hai tolto al tuo popolo la libertà? Perché Dio lo hai tenuto all’oscuro di quello che stava realmente accadendo? Perché lo hai tradito? Perché lo hai venduto? E, infine, perché lo hai disumanizzato?
Le prove di colpevolezza sono portate da Elga Firsch (una grande Ottavia Piccolo, totalmente immedesimata nell’intenso ruolo), un’attrice ebrea ma che in fondo rappresenta la voce dell’umanità intera. La difesa dell’imputato è affidata a un rabbino (Vittorio Viviani), che con calore s’impegna nella disperata impresa di convincere i presenti come Dio sia sempre presente, nei salotti confortevoli di Francoforte, come nel fango del lager di Maidanek.
Al processo assistono, in veste di giudici, due reduci del lager (Olek Mincer e Silvano Piccardi) e il figlio del rabbino (Francesco Zecca), gli uni assetati di risposte, l’altro di sete di vendetta nei confronti degli aguzzini delle SS.
Al centro della scena e dell’ipotetico processo siede il gerarca tedesco, perennemente immobile, il volto scolpito da un efficace gioco di luci e ombre: rappresenta il barbaro esecutore, colui che si è ritenuto pari all’Altissimo e che ora è costretto a difendersi, con la spocchia fastidiosa di chi è conscio di essere superiore. Ottima l’interpretazione, in questa ambigua veste, di Marco Cacciola, sempre in bilico tra il ripensamento e il delirio di onnipotenza.

Una ricetta formidabile per uno spettacolo imperdibile. Un plauso agli organizzatori della stagione del teatro Politeama che hanno deciso di proporre questa tematica, affidandosi a un cast di attori eccezionali e a un testo intelligente e curato.



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