10 Febbraio 2017, 08.04
Genitori & Figli

Se a un giovane manca l'idea di futuro

di Giuseppe Maiolo

Da Pino Maiolo una riflessione, sull'onda dello sconcerto causato dalla lettera di Michele, il friulano che a trent'anni ha deciso di farla finita e che in queste ore sta rimbalzando sui giornali, in tv e sul web


Quando leggi una lettera tragica come quella di Michele che a trent’anni dopo averla scritta, si toglie la vita per non essere riuscito a trovare un lavoro, ti domandi cosa sta accadendo ai nostri giovani. 
 
Non puoi ignorare che la crisi economica e la mancanza del lavoro sia un’esperienza angosciante per un ragazzo che sta cercando di affrontare la vita, ma forse non è sufficiente il precariato di un giovane adulto a spiegare il gesto estremo del suicidio.
Di certo è espressione di un disagio profondo, strettamente collegato alla mancanza di realizzazione professionale. Un malessere intimo e acuto che scava gallerie spaventose e che, a volte, può condurre a  scelte definitive.
Uno dei problemi più acuti che i giovani devono affrontare è quello di inseritisi nel mondo del lavoro, ma anche quello di individuarne un’attività adeguata alle aspettative. Forse una volta in frangenti simili sosteneva la fiducia di farcela prima o poi. Oggi è questa è venuta meno. 
 
La lettera scritta da Michele se la leggiamo con attenzione può servirci per provare a capire.
Le sue parole sono un J’acuse spietato che mette un’intera società sul banco degli imputati. Sono macigni scagliati contro chi avrebbe dovuto aiutare e non lo ha fatto ed esprimono la stanchezza di un lungo tempo passato a fare mille tentativi senza esiti positivi.

C’è dunque la protesta violenta e la rabbia, l’esasperazione e la ribellione ma in fondo a questo grido dolente c’è la delusione e lo sconforto. Più ancora, la disperazione totale che però rimane dentro.
La denuncia di un mondo che gli avrebbe dovuto dare ben altro e di una vita che ruba la felicità ai giovani, è tardiva ma esplicita in maniera chiara una cupa infelicità e soprattutto il vuoto di futuro che doveva albergare da tempo nei suoi pensieri.
 
Ed è appunto la disperazione che domina nel suo scritto, ovvero l’assenza di speranza e il vuoto di futuro. Che, a mio avviso, non vuol dire solamente la mancanza di una prospettiva di realizzazione professionale, sociale ed economica, quanto piuttosto l’assenza l’idea di futuro. 
Sembra essere questo ciò che manca oggi a molti giovani.
Intendo la mancanza di un progetto di crescita e di cambiamento e l’idea di poter realizzare le parti più autentiche della propria individualità. Manca quella fantasia creativa che dovrebbe spingere a credere nella possibilità di realizzare un soddisfacente piano affettivo e relazionale e l’intima fiducia di riuscire ad amare e farsi amare.

Manca la visione di un processo di conoscenza di se stessi come obiettivo principale e grazie al quale possono poi scaturire soddisfacenti scelte relazionali, professionali e di affermazione sociale.
Manca un’intima convinzione che  sia possibile prima o poi il raggiungimento dell’autonomia e, pur con fatica e lentezza, anche uscire dal lungo inverno della dipendenza familiare.
 
In mancanza di questa idea di futuro che è visione più interiore e psichica che sociale, tutto si confronta solamente con il piano materiale ed economico e con il bisogno di affermazione sociale.
Per questo motivo il dolore derivante dalla mancanza di prospettiva interna è acuto, devastante. Così l’attesa diviene insopportabile e muore il desiderio di crescere e diventare ciò che si è. In definitiva allora muore la fiducia e la speranza. Rimane aperto un terribile interrogativo: chi non ha dato gli strumenti utili a sviluppare un’idea di futuro adeguato all’esistenza di oggi? 

Giuseppe Maiolo


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