L'Europa che funziona: il programma Erasmus+

In una fase nella quale si tende, da più parti, a dare una restituzione solo critica di ciò che proviene dall’Unione europea è opportuno dare risalto a quelle iniziative che si distinguono per efficacia e lungimiranza e che devono essere motivo di orgoglio per tutti i paesi membri.  

Tra queste iniziative può essere collocato il programma Erasmus (European Region Action Scheme for the Mobility of University Students) che dal momento della sua istituzione (fine anni ’80) a oggi è stato seguito da oltre 2 milioni di studenti (in continua crescita) con 33 Paesi coinvolti e oltre 2.200 Università aderenti.

Erasmus (dal 2014 Erasmus+) offre la possibilità a uno studente europeo di formarsi o effettuare un tirocinio in un paese dell’Unione per un periodo che va dai 3 ai 12 mesi.
Il programma è una delle azioni più impegnative promosse dall’Unione Europea e sta avendo il merito di far crescere e migliorare le competenze dei giovani europei, ma anche di fornire loro occasioni per imparare a convivere con culture diverse.

La formazione, su cui la stessa Unione europea in più documenti insiste ormai da anni, ha investito milioni e speranze in programmi di studio di fatto sostenendo un modello internazionalista e disincentivando un approccio localistico e chiuso su sé stesso.
Si ritiene, infatti, per i giovani (e non solo), che incontrare e fare esperienza di contesti nuovi possa aiutare a guardare al futuro in maniera costruttiva e aperta, fiduciosi di essere stati preparati per farlo.

Anche per la situazione particolare che sta attraversando, l’Italia dovrebbe ulteriormente incentivare percorsi formativi di questo tipo ponendo attenzione alle molteplici interconnessioni tra internazionalizzazione della formazione, miglioramento delle competenze dei più giovani e valorizzazione dell’accresciuto capitale socio-culturale dei giovani al loro ritorno nei contesti locali.