29 Giugno 2019, 09.30
Provincia
Assemblea Aib

Europa ed economia circolare all'attenzione degli industriali

di Redazione

All’assemblea Aib il presidente Pasini traccia un bilancio positivo del 2018, con una attenta disamina delle tematiche economiche e sociali, e attacca il Governo: «scarso interesse al mondo economico e produttivo»


Riportiamo integralmente la relazione del presidente Giuseppe Pasini durante l’assemblea 2019 di Aib, svoltasi ieri a Brescia.


Care colleghe, cari colleghi, Autorità civili e religiose, Signore e Signori, graditi ospiti e relatori,
è un piacere darvi il benvenuto all’assemblea annuale di AIB.

L’ultima volta che vi ho parlato da questo palco avevamo davanti a noi uno scenario che parlava di crescita. Ce lo ricordiamo tutti bene: era una crescita moderata, ma costante.

Altrettanto nitido, però, è il ricordo dell’assenza dei rappresentanti del Governo che anche oggi, come potete vedere, ci ha lasciato orfani.
È un’assenza che dice molto sullo scarso interesse al mondo economico e produttivo.
Un grazie particolare va invece al nostro Presidente Vincenzo Boccia che anche quest’anno ci onora della sua partecipazione. Grazie Vincenzo per tutto l’impegno che stai dedicando a Confindustria.
Torniamo però all’attualità. L’Italia annaspa, i conti non tornano. L’Europa è costantemente messa in discussione.
Eppure, l’Italia è una provincia d’Europa. È un territorio perfettamente integrato economicamente e socialmente in un continente che rappresenta ancora una grande potenza economica.

Noi, cittadini europei, tutti insieme, siamo l’unica potenza in grado di confrontarsi con gli Stati Uniti e con la Cina.
Chi va contro l’Europa, va contro il nostro presente e contro il futuro dei nostri figli. Chi va contro l’Europa è un nostro nemico.
Anche per questo motivo Brescia si unisce con un corale applauso a Mario Draghi per la lungimiranza e la volontà di mantenere unita l’Europa mettendola al riparo dalle turbolenze finanziarie.


L’ECONOMIA NEL 2018: L’ITALIA E BRESCIA
Cari colleghi, ci lasciamo alle spalle un anno di crescita, ma complesso.
Secondo l’Istat, nel 2018 il PIL Italiano ha registrato un aumento dello 0,9% rispetto all’anno precedente, nel 2019 è previsto crescere solo dello 0,3% in termini reali.
Non è questione di decimali, non è un’interpretazione elettorale: il Paese è praticamente fermo.
Tuttavia, sono proprio i numeri, che collocano spesso l’Italia in fondo alle classifiche, a far emergere la capacità di Brescia di reagire.
Per le imprese manifatturiere bresciane il 2018 si è chiuso con un incremento medio della produzione del 2,9%.

Cresciamo da 22 trimestri consecutivi, anche se oggi è innegabile un rallentamento. Gran parte del nostro successo è da imputare all’export.
In Italia, Brescia è una locomotiva economica sul fronte delle esportazioni, che nel 2018 hanno segnato un record con 17 miliardi di euro per una crescita del 7%.
La provincia di Brescia ha portato all’Italia 7 miliardi di euro nel 2018. Questo è il nostro contributo positivo in termini di saldo commerciale.
Anche i primi mesi del 2019 registrano un trend positivo. Infatti, nel primo trimestre la crescita delle esportazioni è proseguita, pur con un rallentamento.
L’export ha toccato i 4,2 miliardi di euro, in rialzo dello 0,6% rispetto al 2018.
Sono risultati che hanno un’implicazione economica e sociale fortissima.
Il nostro Paese ce lo deve riconoscere.


UNA NUOVA STAGIONE
Abbiamo quindi voluto intitolare l’assemblea odierna “Una nuova stagione”.
Per noi significa far tesoro di tutto ciò che siamo, per costruire insieme un progresso economico, sociale e ambientale.
Le imprese, per loro stessa natura, puntano al futuro e lo fanno investendo costantemente in tre direttrici.
Credono nell’innovazione, per questo investono nelle migliori tecnologie oppure ne sviluppano di nuove grazie ad una intensa attività di ricerca.
Credono nelle persone, per questo investono nelle competenze, ambiscono a una crescente integrazione col mondo della formazione e scommettono sui giovani.
Credono nello sviluppo sostenibile, per questo investono per trasformare i modelli lineari consumistici in sistemi circolari virtuosi collaborando attivamente a un progresso rispettoso dell’ambiente.


L’ITALIA TRA I LEADER NELLA MANIFATTURA GLOBALE
Grazie alle imprese, l’Italia può ancora rivendicare un ruolo da leader tra le principali potenze manifatturiere mondiali. Nel 2018 era al settimo posto per valore aggiunto industriale.
La sua quota sul totale prodotto a livello globale è pari al 2,3%. Siamo settimi in una classifica dominata da giganti, a partire dalla Cina, che è la prima “fabbrica del mondo”, e dagli Stati Uniti.
Fra le sole economie europee, il nostro Paese è in seconda posizione.
Ma non possiamo tacere sul fatto che in dieci anni siamo arretrati di due posizioni e abbiamo perso 1,5 punti percentuali di quota sul valore aggiunto manifatturiero globale.
Nonostante questi risultati, Il Governo è più attento ad intercettare i favori dell’opinione pubblica a breve termine piuttosto che a promuovere politiche industriali per il Paese.
Secondo uno studio redatto da Fondazione Edison nel 2018, siamo la quinta potenza mondiale per più alto surplus commerciale con l’estero nei manufatti.
Brescia ne offre una testimonianza evidente. Lo abbiamo visto nel video che ha aperto questa Assemblea. La nostra Provincia è ricca di eccellenze.
Siamo un Paese di riferimento per molti settori strategici. Tra questi certamente c’è l’automotive.
E Brescia, in tal senso, rappresenta un modello vincente.


AUTOMOTIVE
Siamo nei fatti la principale dorsale della fornitura di prima serie per i maggiori costruttori europei di autovetture e autocarri. La sola produzione, nel Bresciano, annovera oltre 250 aziende, per lo più piccole e medie, con oltre 18.000 dipendenti per un fatturato di 6,5 miliardi di euro.
Troppo spesso ce ne dimentichiamo: siamo il primo cluster italiano del comparto.
Eppure, la più importante casa automobilistica nazionale, FCA, di fatto non è più italiana.
È un’ombra che si allunga proprio sulla nostra filiera e che rischia di farci raccontare una storia già sentita, una storia di capitali e patrimoni intellettuali dispersi nel mondo.
Vogliamo che l’Italia continui a presidiare questo mercato.
Abbiamo la capacità acquisita in decenni di anticipare i cambiamenti tecnologici che rivoluzioneranno i veicoli del futuro.
È su queste aziende che si deve investire. Non possiamo perderle.

Dobbiamo mettere in comune le nostre energie, pubbliche e private, dobbiamo lavorare di squadra.
Invitiamo quindi tutti i nostri interlocutori interessati all’automotive, tra cui le altre categorie, le università, i centri di ricerca, la Regione Lombardia, il Comune di Brescia, il cluster lombardo della Mobilità, a ragionare insieme su progetti condivisi.
Perché non pensare, a Brescia, ad un Future Car Village per l’automotive?
L’obiettivo potrebbe essere quello di mettere a sistema tutto il know how delle nostre aziende, renderlo sinergico a quello del mondo della ricerca per ragionare sul futuro dell’automobile.
Qui il Governo non può vantare alibi: le PMI non possono essere lasciate sole.
Tuttavia, abbiamo sotto gli occhi dei casi in cui non solo le PMI, ma anche le grandi imprese strategiche del Paese pagano la scarsa credibilità internazionale della politica, troppo attenta all’eco mediatico e troppo poco al cuore economico e sociale.
Pensiamo, per esempio, all’incapacità nella gestione di un’impresa baricentrica per l’economia italiana come l’ILVA. In sette anni di peripezie sono stati bruciati 23 miliardi di euro di PIL, l’1,35% cumulato di ricchezza nazionale.
Qui si è distrutto valore e a farne le spese è tutta la nazione, non solo il Sud.

Di questi 23 miliardi perduti, ben 7,3 riguardano il Nord industriale e, in particolare, le aziende della metalmeccanica.
Ancora oggi, a seguito della non chiarezza delle norme che dovrebbero regolarne il rilancio ambientale, rischiamo di perdere definitivamente un punto di riferimento internazionale nel comparto siderurgico e un investitore che non può accettare il cambio delle regole in corsa.
Non possiamo poi non tenere conto dell’esito delle recenti elezioni.
Ci hanno consegnato un quadro politico preciso in ambito nazionale, con un rapporto di forze in cui emerge, in modo chiaro, la supremazia di un partito. E a quel partito noi, oggi, chiediamo queste risposte, oltre che di farsi carico dei numerosi problemi che affliggono il Paese.
La campagna elettorale è finita, ora servono azioni concrete, vogliamo i fatti.
Nei prossimi mesi ci attendono scadenze che potrebbero rilevarsi drammaticamente importanti: la procedura europea di infrazione per eccesso di debito, non di deficit; il rischio, non così lontano, di downgrade da parte delle agenzie internazionali di rating dell’affidabilità creditizia del nostro Paese; la prossima legge di bilancio.


BRESCIA NEL MONDO E LA FORZA DEI DISTRETTI

Fra le circa mille province europee, Brescia si colloca al 16° posto per valore aggiunto nell’industria e al 3° fra quelle superspecializzate. Davanti a noi solo le tedesche Böblingen e Ingolstadt.
Ci sono tanti ingredienti alla base di questi risultati.
Uno in particolare ci rappresenta molto bene: è l’alta specializzazione che ritroviamo nei nostri distretti. Sono proprio loro, i distretti, a mettere in circolo la propria capacità di far sistema e di trovare sinergie positive.
Laddove erano a repentaglio posti di lavoro e conoscenze di alto profilo, gli imprenditori non sono rimasti alla finestra, ma si sono fatti carico delle aziende in difficoltà.
Secondo una recente ricerca di Intesa Sanpaolo il distretto con più eccellenze in Italia è quello di Brescia, che conta ben 123 aziende di grande qualità nel settore dei metalli.
Ci riusciamo perché uniamo la vocazione storica di fare impresa ad un modo di fare business che non passa mai di moda: essere vicino al territorio in cui si opera, investire sui giovani, guardare ai nuovi mercati, superare gli ostracismi di una politica ingessata.
Questa è Brescia con i valori della cultura della nostra gente, fatta da imprenditori, lavoratori e cittadini.
Lo hanno dimostrato recentemente anche i nostri giovani industriali che hanno provocatoriamente scelto la piazza per ribadire la centralità del lavoro.


IL PENSIERO DELLE NOSTRE AZIENDE
Il più recente sondaggio svolto dalla nostra Associazione rivela che il 2019 viene visto come un anno di transizione, dopo diverse annate di forte crescita. Per il 31% degli intervistati l’attività rimarrà sostanzialmente invariata, e solo il 12% prevede una forte crescita nel business.
Inoltre, tra i principali fattori di preoccupazione per la nostra economia, spicca per distacco la situazione dei conti pubblici italiani, molto più del rallentamento dell’economia globale. Nel frattempo, Quota 100 ha già mostrato tutte le sue pecche, non riuscendo a garantire quell’adeguato ricambio promesso: il rapporto “uno a uno”, tra pensionati e neolavoratori, non è realistico, come abbiamo avuto modo più volte di ripetere.

ECONOMIA CIRCOLARE
Ancora oggi, purtroppo, viviamo in un clima spesso anti-industriale. Brescia viene additata come la terra dell’inquinamento e del “disagio ambientale”.
È una narrazione che non condividiamo!
Siamo consapevoli che si può e si deve fare meglio, a partire dalla necessità di fare dell’economia circolare un obiettivo costante da inserire nelle strategie di sviluppo delle imprese.
Sappiamo che è difficile conciliare lo sviluppo ed il benessere economico e sociale con un impatto “zero”. Tuttavia, non vi è altra strada.
Dobbiamo trasformare, grazie all’ausilio delle nuove tecnologie, una criticità in una risorsa, ovvero recuperare ciò che oggi è un rifiuto per trasformarlo in un nuovo prodotto.
È questo il modello di business che dobbiamo perseguire, affiancandolo in modo virtuoso all’attività caratteristica delle nostre aziende. Questa sarà la sfida per il prossimo futuro.
Brescia ha saputo dimostrare al mondo che è possibile. Lo ha fatto con alcune iniziative concrete tra pubblico e privato.
Il termovalorizzatore è un esempio di innovazione che ha fatto scuola, un modello al quale molti Paesi esteri si sono ispirati per sviluppare progetti analoghi.

Nella nostra provincia vi sono altri esempi che si muovono sulla direttrice del recupero e vi sono anche progetti frutto di anni di ricerca che faticano ad emergere.
Serve – ed è evidente – un forte cambio culturale che le stesse Nazioni Unite, nella loro agenda 2030, hanno identificato nei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile.
Allo stesso modo non possiamo chiudere gli occhi davanti alla richiesta dei nostri giovani di un pianeta più vivibile.
È un’evoluzione che deve coinvolgere tutti i livelli.
Ora la politica è chiamata ad una scelta responsabile, a dare sostegno a questi progetti partendo dai suoi rappresentanti nelle pubbliche amministrazioni locali.
È chiamata anche a predisporre norme che assicurino chiarezza e stabilità nel tempo, che tengano conto dell’evoluzione tecnologica in atto perché la salvaguardia ambientale e l’economia circolare necessitano di tempi lunghi e processi complessi.
Il mondo della formazione ha il dovere di formare persone che ragionino in ottica circolare.
Le imprese sono il veicolo per fare delle idee fattori concreti.

Secondo la classifica stilata da Greenitaly, la Lombardia è la regione con il più alto numero di imprese eco-investitrici nel periodo considerato, quasi 62.000, il 18% del totale nazionale.
Brescia, da sola, è rappresentata con oltre 8 mila realtà aziendali. È un dato che certifica gli sforzi e la lungimiranza delle nostre imprese.
Ecco perché Brescia, che ha tradizioni, capacità e potenzialità, può candidarsi ad ospitare il centro europeo per l’economia circolare e la sostenibilità, che veda la convivenza tra mondo dell’impresa, quello scientifico, universitario e della ricerca.
Sarebbe un forte connubio, perfetto per promuovere best practice, studiare l’impatto delle attività di impresa, ma anche l’impatto delle normative spesso scritte e promulgate senza una puntuale e responsabile conoscenza dei processi tecnologico-produttivi.
La recente normativa sull’end of waste è un esempio di un’inefficienza conclamata perché limita – e non stimola – modelli applicabili di economia circolare. Non solo: non rispetta neppure le specificità dei nostri territori che invece sarebbero considerate all’interno di una regolamentazione capace di rafforzare le autonomie regionali.
Va in questa direzione anche l’impegno che ProBrixia ha avviato per lanciare a Brescia una manifestazione di rilievo focalizzata proprio sul tema dell’economia circolare, della sostenibilità che faccia di Brescia un punto di riferimento nazionale di questi temi.

FORMAZIONE
Viviamo in un mondo che parla sempre più il linguaggio universale della trasformazione, non solo in chiave circolare ma anche digitale.
Siamo quindi di fronte alla definizione di nuovi paradigmi. Ancora una volta è una nuova stagione. Forse qualcosa di più: siamo davanti ad un vero e nuovo umanesimo industriale.
Pensiamo a quanto le nuove tecnologie stanno impattando sulla parte più autentica delle imprese, sui loro collaboratori di oggi e di domani.
Alle imprese italiane servono e serviranno sempre persone con una cultura in grado di gestire il rapporto con la macchina. È una cultura trasversale e diffusa nell’impresa moderna.
È la una capacità di inglobare i vantaggi esponenziali che potenzialmente l’intelligenza artificiale e le macchine che imparano, potrebbero produrre per l’umanità.
Ed ecco quindi che tutti noi siamo parti attive di un’epoca in cui saranno le competenze il vero valore differenziale.
Occorre che il Governo si impegni da subito per avviare un piano straordinario sulla formazione.

Perché non studiare – utilizzando il credito d’imposta – la costituzione di un Fondo Nazionale finalizzato esclusivamente a realizzare questo piano straordinario sulla formazione, per dare un vero e proprio shock a favore delle competenze scientifiche e tecnologiche e, più in generale, tecniche?
L’industria, non credo, si tirerebbe indietro.
Non ha senso, infatti, avere il 5G, il 4.0 o l’intelligenza artificiale se non sappiamo sfruttarne appieno le potenzialità.
Secondo una stima elaborata da Unioncamere, nel quinquennio 2018-2022 l’economia italiana genererà un fabbisogno di 2,6 milioni di lavoratori, di cui 2,2 nel settore privato.
La richiesta di profili con competenze alte intercetterà oltre un terzo della domanda complessiva. L’industria italiana avrà bisogno di 264 mila lavoratori specializzati: quasi la metà di loro sarà di difficile reperimento.
Come AIB possiamo proporre un’offerta formativa di alto profilo che vede parti attive il Liceo Guido Carli e l’Istituto di Formazione ISFOR.
Come aziende crediamo che l’alternanza tra scuola e lavoro sia un ponte determinante per la formazione dei nostri ragazzi tra i banchi di scuola e il mondo dell’impresa.

Nell’ultima manovra di Governo, abbiamo riscontrato un depotenziamento dello strumento dell’alternanza scuola-lavoro.
È stato perfino modificato il nome in “Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”.
Una definizione che è tutta da interpretare.
L’alternanza aiuta ad indirizzare i giovani a fare scelte più consapevoli e contribuisce a ridurre la dispersione scolastica. La media europea di giovani che utilizza la pratica dell’alternanza è del 14%. La Germania è al 26%. L’Italia, è solo al 2,2 %.
Credo sia un’evidenza allarmante. È una battaglia persa in partenza se continueremo a registrare questi numeri.
Siamo inoltre fortemente convinti che gli ITS, gli Istituti di Formazione Superiore, siano veramente un acceleratore delle competenze.
Con il Sistema ITS Bresciano - IT’S FOR FUTURE, abbiamo riunito università, aziende, scuole ed enti pubblici per formare giovani in grado di inserirsi nel nostro tessuto produttivo.
A Brescia abbiamo cercato di far rete, ma è altrettanto vero che abbiamo registrato resistenze. È anche per questo che si deve fare di più, le imprese per prime.
Solo l’1% della popolazione “terziaria” italiana frequenta i percorsi professionalizzanti non universitari (ITS). La media OCSE è del 14%. Solo il 24% degli studenti di scuola superiore si iscrive alle facoltà scientifiche anche se nei prossimi 10 anni questi settori rappresenteranno ben l’85% dell’occupazione.

PRODUTTIVITÀ E LAVORO
Parlare di competenze significa parlare di competitività e, quindi, di produttività.
Secondo l’OCSE, in Italia la produttività del lavoro tra il 2000 e il 2018 è aumentata del 2,2%. La Francia ha superato il +19% e il Regno Unito il +17%. La Germania è andata oltre il +21%.
Solo aumentando la produttività delle nostre imprese potremo erogare retribuzioni più elevate e creare nuovi posti di lavoro.
Invece, la priorità del nostro Governo pare essere l’inserimento di un salario minimo, peraltro il più elevato dei Paesi OCSE.
Quindi, l’Italia si troverebbe a vivere il paradosso di una bassa produttività e di un salario minimo tra i più alti.
Questa visione è utopica. Lo diciamo chiaramente al nostro Governo.
Oltretutto la visione di qualche esponente economico-politico sulla settimana lavorativa a 35 ore ci porta completamente fuori rotta poiché la parità di salario vorrebbe dire abbattere ulteriormente la produttività e, quindi, la competitività.
Su questo filo logico si inserisce con pieno diritto il tema del cuneo fiscale, sul quale ritengo che, insieme alle organizzazioni sindacali, dovremmo e potremmo avviare un percorso di condivisione e di richiesta di abbattimento al Governo, perché l’interesse è unico e comune: riconoscere ai collaboratori delle nostre aziende retribuzioni migliori.
Inoltre se si riuscisse ad azzerare il cuneo fiscale per i giovani assunti nei primi due anni riusciremmo davvero a promuovere un vero progetto di inclusione nel lavoro e nelle imprese.

OCCUPAZIONE
Un’altra emergenza che richiede un intervento forte e rapido è quella dell’occupazione.
Sappiamo bene che parlare d’impresa significa parlare di responsabilità non solo economica, ma anche sociale. Le nostre aziende sono state e sono ancora oggi un porto sicuro per i collaboratori e per le loro famiglie.
Nell’industria nazionale il 94% dei dipendenti è assunto con contratti a tempo indeterminato con punte fino al 98%.
La disponibilità di un contratto “stabile” è un importante attivatore di progetti personali e familiari, consumi e investimenti. È alla base della crescita interna di un Paese.
È un concetto semplice. Per questo non possiamo certo essere favorevoli a misure governative di stampo assistenzialistico, come il reddito di cittadinanza, che non agiscono sulle vere leve della crescita.
È delle scorse settimane il maxi-concorso per assumere migliaia di navigator.
Non è così che si favorisce la ricerca di un lavoro che consenta di progettare il futuro. Anche con tutte le buone volontà, se quello che manca è il lavoro non c’è navigator che tenga.
Se vogliamo che l’occupazione, quella vera, torni a crescere abbiamo necessità di visioni e progetti lungimiranti che mettano al centro l’impresa.
Con le nostre imprese bresciane, dimostriamo che far crescere l’occupazione in modo sensibile e strutturale è possibile.
Nel 2018, il tasso di disoccupazione a Brescia si è fermato al 5,2%, contro il 6% in Lombardia e il 10% in Italia.
La disoccupazione giovanile è scesa al 16% contro il 21% in Lombardia e il 32% in Italia.
Nello stesso anno, il tasso di occupazione dai 15 ai 64 anni ha raggiunto il massimo storico del 68%, in linea con il dato lombardo e ben al di sopra della media nazionale.
Sono numeri che parlano chiaro, possiamo ben dirlo!
Brescia è il cuore del sistema produttivo del nostro Paese.


RELAZIONI INDUSTRIALI E WELFARE
Per quanto riguarda le relazioni industriali, il Patto per la Fabbrica ha rappresentato un momento di coesione fra le parti sociali. Abbiamo individuato punti di convergenza su temi di comune interesse, abbiamo un’occasione di confronto e di dialogo che ci auguriamo possa proseguire, dando piena attuazione alle linee guida già condivise a marzo dello scorso anno.
Ma anche la prossima stagione dei rinnovi contrattuali nazionali, che coinvolgerà importanti settori manifatturieri, sarà un terreno di confronto determinante per imprese e sindacati.
Venendo a Brescia, la volontà di far sistema tra imprese, parti sociali e Istituzioni si sta dimostrando decisamente premiante
Anche il welfare aziendale trova grande applicazione nelle nostre imprese, integrando un servizio pubblico che è diventato insufficiente.
Su questa piattaforma imprese e sindacati si sono trovati concordi, pur nel naturale spirito dialettico.


INFRASTRUTTURE
Se parliamo poi di infrastrutture, l’Italia è al palo nello scacchiere europeo. Il mondo evolve e noi rischiamo di restare ai blocchi di partenza.
Le merci devono poter viaggiare liberamente e velocemente.
Oggi abbiamo tecnologie capaci di abilitare una mobilità sostenibile non solo per le persone, ma anche per i nostri prodotti.

Potremmo discutere per anni sulla TAV. Giusto il tempo che serve per collegarci al mondo. Nel frattempo, restiamo completamente sconnessi.
È delle scorse settimane la notizia della limitazione del transito in Austria per i tir italiani.
Ciò significa, di fatto, contrarre i flussi verso Germania e Nord Europa e il provvedimento mette seriamente a rischio una quota importante delle nostre esportazioni. L'interscambio commerciale tra l'Italia e i Paesi del Corridoio Scandivano-Mediterraneo, di cui l'asse del Brennero è un segmento fondamentale, supera i 200 miliardi di euro l'anno.
Il trasporto su gomma incide ancora per il 93% nelle esportazioni verso queste aree, mentre la ferrovia non va oltre il 4%. Lungo il Brennero, l'alternativa ferroviaria efficace e performante sarà attiva solo tra 10 anni.
La nostra casa è l’Europa, come testimoniano i numeri del nostro export, ma senza infrastrutture moderne rischiamo di avere porte troppo piccole o, peggio, chiuse, per entrarvi.
È una chiusura fisica e culturale di cui paghiamo le conseguenze anche a livello locale. Pensiamo all’ “Autostrada della Val Trompia” che, dopo ben trent’anni di attesa, nel 2019 dovrebbe finalmente aprire i primi cantieri.

AIB PER BRESCIA CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA E CAPITALE DELLA CULTRA D’IMPRESA
Fin qui abbiamo ragionato di infrastrutture Hard come nel caso della TAV e Soft quando abbiamo parlato di risorse umane, ma a nostro avviso c’è un'altra infrastruttura irrinunciabile: la Cultura.
Per quanto riguarda il patrimonio culturale bresciano, siamo consapevoli della ricchezza che questa città e tutta la provincia esprime. La candidatura a Capitale italiana della Cultura è un’ambizione più che legittima, che trova ragion d’essere anche nei valori del lavoro inteso come fattore moderno di integrazione sociale.
Sono oltre 156.000 gli stranieri in provincia. Rappresentano il 12,4% della popolazione totale residente.
Parliamo di 20 nazionalità prevalenti per 8 religioni di appartenenza.
La diversità è un nostro patrimonio, è una ricchezza da valorizzare. E si è dimostrata un elemento vincente anche all’interno delle nostre fabbriche.
Inoltre, la nostra città, in controtendenza rispetto alla situazione nazionale, in questi anni ha investito proprio nella cultura. Lo ha fatto il pubblico, dobbiamo dargliene atto, ma anche il privato ha fatto la propria parte.
Pensiamo, per esempio, al MusiL che va in questa direzione, rendendo onore al binomio impresa–lavoro che ha fatto di Brescia, della propria comunità e di tutta la Provincia un modello unico.

Per tutto questo, AIB intende candidare Brescia al progetto “Capitale della cultura d’impresa” di Confindustria, per ribadire l’impegno a sostegno della consapevolezza del valore sociale, identitario ed economico del nostro territorio.


CONCLUSIONI
Cari colleghi, abbiamo eccellenze industriali, giovani con grandi potenzialità, siamo fra i protagonisti dei mercati internazionali. L’innovazione e il cambiamento non ci spaventano.
Ma manca il collante: una politica industriale lungimirante che traghetti la crescita e lo sviluppo economico in modo ambizioso e duraturo.
Manchiamo di un progetto Paese che ci aiuti ad abbassare il debito e attrare capitali. Dobbiamo quindi essere attori credibili in un sistema altrettanto credibile.
Anche la nostra economia domestica deve svegliarsi dal torpore, non possiamo restare ostaggi dell’export.
Serve una politica dei fatti, di respiro europeo, che sia davvero capace di guardare al futuro con generosità e non litigiosità.
Noi imprenditori ci siamo e siamo pronti a fare la nostra parte, come sempre.
I nostri lavoratori lo meritano.
I nostri figli ce lo chiedono.
Non deludiamoli.
Grazie

Giuseppe Pasini
Presidente Aib



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