Nel campo di concentramento di «frate Satana»

In  occasione  della “Giornata della Memoria”, martedì 27 gennaio, alle 20.30 presso il Circolo Arci “Zambarda” di Salò, per iniziativa dell’Anpi e dell’Arci di Salò si squarcerà il velo sulle nefandezze perpetrate nel campo di concentramento croato di Jasenovac.

Due anni fa, un gruppo di gardesani guidati dal presidente dell’Anpi di Salò, Paolo Canipari, ha visitato il sito e procurato immagini e documenti inediti (almeno per la nostra zona). Questo materiale sarà presentato nella serata di martedì intitolata “Jasenovac, ricordare per non dimenticare”.

Jasenovac è una località dove funzionò fra l’agosto 1941 e il 22 aprile 1945 un campo di concentramento croato, poco sconosciuto ai più.
Eppure si trova a circa 100 km a sud-est di Zagabria e fu uno dei più atroci campi di sterminio, creato dallo Stato indipendente di Croazia, di Ante Pavelic, sostenuto dall'Italia fascista, dalla Germania nazista e l'appoggio del Vaticano. Retto per lo più da frati francescani ove si distinse, per lo “zelo”, Miroslav Filipovic, soprannominato “frate Satana”.

Sono state riconosciute "solo" 83.145 vittime: fra le quali 47.666 Serbi, 15.173 Rom, 13.116 Ebrei, 5.932 Croati, 912 Musulmani e 5.746 Antifascisti. Secondo stime più attendibili (perché i corpi vennero bruciati o gettati nel fiume Sava) si parla di 500-700.000 morti.

Nel dopoguerra, ad opera di un architetto belgradese Bogdan Bogdanovic, poi anche sindaco di Belgrado, sorse un monumento di dimensioni gigantesche e di linee gentili: “Un fiore-memoria”, segno catartico, che non offende nessuno, non proclama, non istiga alla vendetta, ma non nasconde la verità. Racchiude, nei suoi petali, solo memoria e ricordo per l'umanità. Una promessa però, ancora una volta tradita nella guerra del 1991-95: quando il monumento fu danneggiato, ferito, esposto all'aggressività del negazionismo.

«Oggi – spiega Canipari –, il sito è visitabile anche se poco conosciuto o propagandato. Ricordare e far emergere dal dimenticatoio quei tragici eventi è un modo più ampio di “fare memoria”. Serve a comprendere maggiormente la storia europea e le sue ripercussioni sul presente, senza limitazioni».

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