12 Febbraio 2013, 08.00
Punti di Vista

Il Fotografo

di Aldo Vaglia

Non ci sono piů i fotografi di una volta verrebbe voglia di dire guardando l'evoluzione della fotografia dall'analogico al digitale. Ma cosa sta realmente cambiando?


In realtà i fotografi si sono moltiplicati è solo la manipolazione della materia che è cambiata, dove prima c’era la chimica oggi ci sono i numeri e l’elettronica.
Si può parlare di perdita di conoscenze e abilità, ma anche di trasformazione ed acquisizione di nuovi sistemi e metodologie.

Lo sviluppo industriale ha trasformato contadini ed artigiani in operai, la tecnica ha sicuramente fatto passi da gigante, ma gli operai hanno perso conoscenze rispetto ai loro predecessori.
Si può dire lo stesso per la fotografia?
Il fotografo era un artigiano qualificato, il suo lavoro si avvicinava all’arte, in ogni momento della produzione dell’immagine si esprimevano competenze.
I tempi della ripresa non coincidevano con quelli dello sviluppo e della stampa.

Il risultato! Una sorpresa per i dilettanti, un delicato intervento in ogni fase della produzione dell’immagine per i professionisti.
Queste riflessioni non hanno per scopo un nostalgico ritorno al passato.
Per sgombrare il campo da errate interpretazioni, possiamo dire con Severino (molto citato su questo giornale) che più  degli abusi della tecnica, sono da temere le “concezioni riduzioniste” di critica alla tecnica.

La tecnica dice Severino è un’espressione della natura umana tra le più belle, grandi, luminose, profonde, al pari del personaggio biblico e letterario Lucifero…la tecnica al pari di Lucifero, anche considerata da un punto di vista “negativo”, non possiede i caratteri della bruttezza e dell’idiozia. Lucifero è grande è bello è seducente, però purtroppo è Lucifero.

La democratizzazione della professione, che ha trasformato i possessori di sofisticate tecnologie, in “tutti fotografi”, comincia a creare delle difficoltà.
Tutti i momenti della vita, come in un “grande fratello”, vengono immortalati (anche contro la volontà) e rimangono impressi in modo permanente.
Sono come preconizzava McLuhan il Medium che diventa Messaggio.

“In una società la struttura mentale degli individui e la cultura sono influenzate dal tipo di tecnologia di cui tale società dispone” e la domanda che ne deriva non può che essere: cosa sta cambiando nella nostra mente?
Pensiamo solo con un massimo di 140 caratteri, quelli che servono per twitter?
Come si sta modificando la nostra vista?
La tecnica umana, che vediamo inserirsi sempre di piĂą nelle attivitĂ  di tutti i giorni, che ruolo verrĂ  ad assumere nella nostra vita?
Avremo un modo per cercare di limitarla affinché essa non arrivi a sovrastarci o a dominarci?

Da qualche tempo si stanno sperimentando immagini che si cancellano a tempo, come si vede la tecnica è in grado di rimediare ai propri errori.
Sempre secondo Severino le devastazioni non sono imputabili alla tecnica quanto alla sua amministrazione ideologica.
Ci dobbiamo preoccupare piĂą delle ideologie che controllano la tecnica che non della tecnica stessa.
 


Commenti:
ID28180 - 12/02/2013 10:18:12 - (sonia.c) - elogio dell'errore..

la perfezione,la possibilità di correggere subito ogni minima imperfezione..lucifero ci lusinga e ci auto- inganna di essere "esperti". ci priva dell'insegnamento prezioso, nascosto ma assolutamente necessario, che si nasconde nell' errore , l'unico che ci tiene nel binario sano dell'umiltà ( unica barriera al delirio di onnipotenza)in fotografia ( e nella vita..un naso magari "non perfetto!) ci toglie anche la bellezza ,il fascino, nascosto dell'imperfezione..persino certi scatti di marylin monroe ,scartati come provini da buttare ,sono stati esposti come capolavori..saluti signor Vaglia

ID28185 - 12/02/2013 12:04:52 - (Leretico) - Ci sono tanti temi in quest'articolo

In questo articolo leggo numerosi temi, tutti legati da un elemento comune: la tecologia. Il salto tecnologico è una conquista o una sconfitta? Forse entrambe le cose. La fotografia digitale ha banalizzato il processo produttivo del fotografo tradizionale, ma non per questo la massa si è trasformata magicamente in un gruppo di artisti. Ebbene l'arte del fotografo si distigue ancora, anche se il rumore di fondo della massa di immagini digitali tende a sopraffarci e non ci permette come una volta di riconoscere l'arte. In realtà, nella stessa massa, mancano i criteri conoscitivi per distinguere ciò che è un banale click su un parallelepipedo altamente tecnologico, dalla scelta tecnica e artistica di un fotografo vero. Il diluvio di immagini è molto invalidante ma l'artista riesce ancora ad emergere per effetto della maggiore ricerca di senso che proprio l'anonimo e il banale tecnologico ha prodotto. Certo il digitale ha cambiato anche il modo di

ID28188 - 12/02/2013 12:18:19 - (Leretico) - continua

realizzare la foto artistica, ma è sempre l'elemento umano contenuto nella sua espressività che fa la differenza oggi, con il digitale, come ieri con l'analogico. Un altro tema che tocca l'articolo è quello della tecnica e del suo rapporto con l'ideologia. Ponendo questo dualismo si vuole giustamente mettere in mano all'uomo la possibilità di governo della tecnica verso uno scopo "umano" appunto. Qualcuno sostiene invece che la tecnica ha assunto una sua indipendenza, una sua propria ideologia che ha preso il sopravvento e domina l'uomo imponendogli il proprio fine: aumentare infinitamente il proprio potere e dominio sul mondo. Non accetto e non voglio accettare questa seconda impostazione. Credo che l'uomo possa e debba disinnescare questa bomba a orologeria. Come? Nello stesso modo con cui produce arte. Nello stesso modo in cui il fotografo trasferisce la sua umanità nella sua opera. Oggi è più difficile ma si può fare, si deve

ID28189 - 12/02/2013 12:20:29 - (Leretico) - continua

fare.

ID28192 - 12/02/2013 13:27:17 - (Dru) - Lo sapevo che Aldo avrebbe approfondito...

... ma se posso permettermi , Severino si differenzia da te in quanto la preoccupazione " è in volontà interpretante e non in verità, in verità la tecnica come ogni altra cosa tramonterà per lasciare il posto all'apparir dell'essere sé dell'essente e il suo non esser altro, ma questo ultimo passaggio deve essere meticolosamente approfondito altrimenti non differisce per nulla dalla trascendenza divina del Dio Cristiano.

ID28194 - 12/02/2013 13:35:32 - (Dru) - Perché la tecnica domina...

La tecnica domina, destriero del cavaliere scienza, in quanto per un non-essere tavolo che vuol essere tavolo dal nulla (non-esser tavolo appunto) (creazione nichilista che per forza pensa all'ente che diviene dal niente) il dominio, il controllo della parte ( ente tavolo) sul tutto (esser tavolo), necessita dell'irrelato e cosa è più capace di dividere di una affilatissima lama ( tecnica) che è procedure e mezzi per ogni scopo in un mondo che per volontà pensa di poterlo fare ? tutto sta a vedere se davvero la tecnica lo può fare e qui subentra la filosofia di Severino.

ID28195 - 12/02/2013 13:43:35 - (Dru) - in conclusione e un poco banalmente ma non troppo...

essendo la contraddizione originaria noi viviamo nell'errore, ma appunto viviamo , e credere (fede) che sia possibile questo è vivere in questo mondo di credenze che le cose dal nulla divengono, il passaggio alla verità è superare la contraddizione e cioè è negare il contenuto della credenza (fede) che le cose divengano nichilisticamente, ma la coscienza occidentale che si alimenta di questo assurdo è contaminata da questo errore.

ID28208 - 13/02/2013 07:59:42 - (Dru) - una riflessione ulteriore

conosco diverse persone che per stanchezza fisica (fisica della mente,vecchiaia) o come paravento si nascondono sempre dietro a questa frase..." io non leggo più di 2 righe , o , non potresti essere un poco più sintetico quando scrivi ?" ma siamo sicuri che non sia invece la cultura che vuole sempre più la sintesi ? la sintesi delle parti, lo slogan è una sintesi. Ad esempio di tutto quanto scritto adesso dico: Conosco la sintesi. La prima e le ultime due parole scritte, ma questa sintesi dice lo stesso di quello che ho scritto ?

ID28214 - 13/02/2013 11:26:42 - (Dru) - La struttura originaria come struttura della predicazione

La struttura originaria come struttura della predicazione Si è accennato alla questione del nesso tra i significati (enti); ma come si deve concepire questo legame in riferimento al dire, cioè al senso della predicazione? È lo stesso dire al quale si rivolge, nei modi più vari, il linguaggio filosofico tradizionale? Se si pensa al nesso come al convenire di una determinazione ad un’altra, quale differenza sussiste tra l’affermazione: “Queste gote sono rosse”, se pronunciata, rispettivamente, dalla tradizione filosofica e dal dire originario? La tradizione intende il convenire del predicato al soggetto come una sintesi che presuppone la separatezza dei due. Sì che, formalmente, essa afferma A = B, cioè identifica i non identici (pone in relazione d’identità un qualcosa, sia A, a un qualcos’altro, sia B), producendo così una contraddizione, per cui A, che vorrebbe esser posto come B, non riesce

ID28216 - 13/02/2013 11:30:35 - (Dru) -

ad esserlo. Secondo la struttura predicazionale originaria, invece, il dire non è sintesi di soggetto e predicato (come se il soggetto esistesse indipendentemente dal predicato), ma è identità 18 tra la relazione del soggetto al predicato (A = B) e quella del predicato al soggetto (B = A), quindi, formalmente: (A = B) = (B = A), ossia, per tornare all’esempio, “queste–gote–che–sono–rosse” sono “l’essere–rosse–di–queste–gote”.

ID28217 - 13/02/2013 11:33:26 - (Dru) - http://www.aracneeditrice.it/pdf/2621.pdf

di Andrea dal Sasso gli ultimi due ID.

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