Arrigo Sacchi for president

In qualsiasi altro paese frasi su ebrei, calciatrici (presunte) lesbiche, neri e omosessuali costringerebbero qualsiasi personalità alle dimissioni. In Italia non è così.
Forse perché è talmente in voga questa brutta abitudine che ogni giorno qualcuno dovrebbe lasciare il proprio posto. Una prassi consolidata quella di ritirare le proprie affermazioni, oppure gridare al complotto spiegando che le parole sono state mal interpretate o estrapolate dal contesto.

Si fa finta di nulla, si ridimensiona, si finisce per dimenticare gaffe e brutte figure.

Spesso ci si domanda: c’è un limite morale a tutto ciò?

Perché assistere all’inamovibilità di certe persone rafforza la sensazione che ci si possa comportare come pare e piace, che non esistano limiti e conseguenze.

L’ultimo (e disperato) caso è Carlo Tavecchio, presidente della Figc, avvezzo ancor prima della sua elezione a dichiarazioni fuori luogo (Pogbà e le banane)

Capostipite degli “intoccabili” che, per quieto vivere e per non spezzare equilibri di potere consolidati all’interno della federazione, rimane sempre al proprio posto.
Eppure qualcuno nel mondo del calcio potrebbe rilasciare dichiarazioni in cui afferma di non riconoscere l’autorevolezza di un presidente che si lascia sfuggire battute di pessimo gusto su ebrei, neri, omosessuali ecc.

L’unico che si è schierato è Arrigo Sacchi, per il resto tutto tace.

La parola “ebreacci” dovrebbe scuotere le coscienze e invece no, persiste la protezione nei confronti di coloro che parlano senza conoscere la storia, e non pensano alle conseguenze delle proprie battute.

Non è una disperata richiesta di “politically correct”, ma semplice buon senso.
Qualcuno ha chiamato in causa pure il Presidente del consiglio, arzillo nel punzecchiare gufi pessimisti e sindacati, ma che sul caso non sembra voler esporsi. In politica d’altronde è prassi consolidata; il turpiloquio è all’ordine del giorno: “orango” Kyenge e “nano” Brunetto i casi più tristi.

Non che sia un vizio solamente italiano quello di cimentarsi in battute di pessimo gusto: Donald Trump, candidato alle primarie del partito repubblicano negli Stati Uniti, continua imperterrito nei suoi attacchi sessisti rivolti alle donne “oggetti esteticamente piacevoli”, “alla ricerca di uomini ricchi da sfruttare per farsi mantenere”, che “devono essere per forza attraenti se vogliono fare le giornaliste”.

Non possiamo non indignarci di fronte a certi atteggiamenti, anche se la frequenza del fenomeno è ormai costante.
Non dobbiamo rassegnarci all’insulto costante e all’offesa come normalità, soprattutto se provengono da personalità dello sport, da sempre contenitore di alti valori e sani principi.