21 Luglio 2020, 05.54
Blog - Circolo Scrittori Instabili

«Migliori» di Barbara Favaro

di Barbara Favaro

Non si tratta di buoni propositi, si tratta di disciplina...


Non si tratta di buoni propositi, si tratta di disciplina. A raccontarsela son bravi tutti: oggi – primo giorno di lockdown – faccio giù una lista minuziosa di tutto quello che in questi ultimi tre anni di lavori forzati non ho potuto fare e quantevveroiddio spunterò voce dopo voce finché arrivati alla fine della lista avrò fatto un salto quantico di consapevolezza che Gandhi se la sogna.

Siamo al giorno 42, che per la “Guida galattica per autostoppisti†e per chiunque si possa definire Umano è un numero simbolico importante, e la lista è macchiata di caffè, ragù e qualcosa di cui è meglio non indagare la natura.

Si temeva – all’alba del secondo giorno di quarantena – che il mondo sarebbe piombato in un silenzio mortale, che si sarebbero fermati i lamenti, l’odio e la miseria umana di cui il web è latrina consenziente e che il vuoto avrebbe inghiottito l’intero sistema umano in un niente annichilente.

Si temeva il peggio. In effetti, il peggio si è avverato, ma vestito bene, una allure intrigante da lasciare interdetti. Al riparo dalla costrizione dei corpi comunicanti a distanza ravvicinata (baci, abbracci, sorrisi e manate sulle spalle), i sensi recepiscono le cose in modo strano. Sembra tutto più bello. Più sincero. Più sicuro. Più sano.

Ma ci si deve pur svegliare prima o poi, e quel poi sta slittando di settimana in settimana e non lo decidi tu, lo decide il Governo. Prima a nominarlo era come invocare il Joker, sapevi che ti dovevi aspettare qualcosa di malefico ma c’era il beneficio del dubbio (l’illusione del potrebbe-stavolta-non-accadere).
Nominarlo ora è come macchiarsi di un crimine orribile e, con Tu-sai-chi, non hai scampo: lui compare e t’arriva la mazza sul mellino. Crack.

Aveva dato fondo a ogni sua risorsa. Nell’ordine – a ricordo – aveva: letto una decina di libri (ossessivo 1-Click sul Kindle Store); visto una ventina di film/serie tra Netflix e Prime (le migliori di una stagione soltanto, ma com’è possibile?); partecipato a una trentina di webinar gratuiti. Bello, bellissimo. Un po’ l’entusiasmo, un po’ la commozione del contatto umano a distanza che permette di ascoltare una lezione mentre giochi con Doom e ti fai di Budweiser in endovena per scrivere in chat “Grazie è stato tutto interessantissimo, ho preso un sacco di appunti e adesso la mia vita è miglioreâ€.
Ma poi la festa finisce con: non-me-ne-frega-un-cazzo amo la mia ignoranza atavica e la difenderò a costo della mia stessa vita.

Dunque, l’annunciata Fase 2 gli si era palesata tra una dormita sul divano e una sulla tastiera durante il controllo della posta (Smart Working è felicità). Inutile negarlo: la news lo aveva infastidito.

“Cazzo! Cosa si aspetta da me ora, Tu-sai-chi, cosa vuole farmi fare, cosa vuole ancora togliermi?â€

Giro in Rete per capire se la paranoia è sentimento condiviso. Confermato. Giro in Whatsapp per testare la paranoia sui conoscenti/colleghi/amici per raccogliere eventuali lamentele, dubbi, costernazioni più varie et eventuale.
Doppia conferma. Giro per casa, per controllare le scorte di cibo (tra frigo, freezer e dispensa) e homebanking per guardare una buona volta in faccia la realtà. Terza conferma: la paranoia è motivata.

Cosa resta a un Uomo una volta che anche le ultime illusioni si sono sfasciate? YouPorn (benedetti siano i suoi Server, morte all’Inps che non regge il confronto).

Dopo qualche giorno
, finite anche le crocchette del fu-Tobia (morto già da due anni, ma che fai? Butti le crocchette non ancora scadute? Ma che sei matto? Potrebbe esserci un’emergenza, non lo so… una pandemia che ti fa rimanere bloccato al centro della Terra senza nulla se non quello che t’è rimasto in casa… eh, sembra fantascienza, ma fidati che ho visto cose che voi umani… ), ci si prende in carico il cambiamento.

“Ok, vediamo cosa cazzo mi posso inventareâ€, e una volta che la decisione è presa, la decisione è irrevocabile. Si ricorda di avere da qualche parte un libro, uno di quelli che si era riproposto di leggere perché importante. Non sa esattamente perché importante. Ma una voce dentro, in fondo chissà dove, insiste: cerca quel libro… cerca quel libro… cerca quel libro…

Ok, un martello. Ma diamo per scontato che il rallentamento sinaptico dovuto alla quarantena prevede almeno un anno di allenamento duro prima di recuperarsi e nel frattempo dal concetto cerca-quel-libro-importante-perché-ne-va-della-tua-vita al ora-vado-in-balcone-nudo-cantando-sono-un-italiano-vero possono passare anche diversi giorni di nebbia pesante, la Voce che insiste segue soltanto il buonsenso. Scelta condivisibile.

Insomma, molto probabilmente la Voce dopo giorni di martello si è un po’ rotta le palle e decide di muovere le cose.

Sceglie la domenica mattina.
All’alba. Sceglie un momento topico: la seduta al cesso. Sceglie il modo più chiaro e doloroso possibile per farsi notare: la mensola sopra la testa che cede (forse, diciamo forse, per il peso eccessivo dovuto a: tre bottiglie di Amuchina da 5 litri, otto confezioni di guanti monouso, tre confezioni di mascherine altamente certificate fatte con pelle di pecora stagionata, e un libro: “La Peste†di Albert Camus).

Bestemmioni. Certo. Ma soltanto dopo aver ripreso i sensi, essersi pisciato addosso e aver capito che il sangue esagerato proviene da un taglio sul sopracciglio e che non c’è bisogno di metterci punti.

“Che merda questa Fase 2, passiamo alla 3 che ne ho già pieni i coglioniâ€, pensiero legittimo, ma Tu-sai-chi ha i suoi tempi, non i tuoi.

Ripulito il macello sul pavimento, incerottata la ferita al sopracciglio, recuperato la preziosa Amuchina e tutto il resto, accatastatolo nell’angolo del bagno, lo sguardo si posa sul libro. Quel libro.

“Va bene, sono prontoâ€, una presa di coscienza dovuta certamente al trauma cranico, eppure mirabile nella sua pura e lucente bellezza.

Lo afferra deciso, salta di capitolo in capitolo senza sapere cosa sta cercando, ma riconoscendo la Voce che – più che mai sveglia – gli ordina: vai alla fine… vai alla fine… vai alla fine…

Ok. Pagine finite. Libro finito.

“E che cazzo!â€, non può credere ai suoi occhi. Non può essersi sbagliato. Anzi, la Voce non può essersi sbagliata. Perché nel caso si fosse sbagliata allora quel taglio al sopracciglio, il trauma, il mal di testa, il sangue e il piscio a chi li farà pagare? Eh?!

Fermati. La Voce sa essere perentoria quando vuole. E lui si ferma. Una fitta sopra l’occhio, un fanculo sbiascicato e poi… eccola lì.

Una frase appuntata sul retro di copertina. Una bella calligrafia. Non sua. La sua calligrafia fa schifo. Ma di chi è?

Un’altra fitta. Accompagnata da un flash. Lei.

Lei che prima di lasciarlo partire gli consegna “La Peste†di Camus: Non lo hai letto? Dovresti. È illuminante.

Lui le sorride cercando di rassicurarla che quel regalo è proprio quello che desiderava, non un’ultima scopata – sia mai!, ma proprio quel libro. La Peste. Proprio quello e nessun altro. Un bacio e via. A mai più.

E ora la frase:

    “Tutti i grandi propositi e i grandi pensieri hanno un’origine ridicola. Grandi realizzazioni sono germinate in un angolo di strada o tra le porte girevoli di un ristorante.†(Albert Camus)

“Che cazzo significa?â€, il mal di testa sta centuplicando la sua portata. Alza la testa in cerca di ispirazione e si accorge che Geremia ha acchiappato, nella sua ragnatela, ormai diventata enorme, il moscone che da due giorni lo faceva diventare matto.

“Bravo Geremia! Sapevo di poter contare su di te, bro’â€, gli lancia un’occhiata eloquente annuendo con rispetto, “è arrivato il momento di fare qualcosa per te, bro’… D’ora in poi sarò io a procurarti il cibo, tu ti potrai riposare. Te lo meriti bro’â€. È più che un impegno, è una promessa che ti cambia la vita.

“Albert, t’ho capitoâ€, e ripone il libro ai piedi del cesso col proposito di leggerlo prima o poi.

Saremo tutti migliori. Lo dice la Tv, lo dice la Rete, lo dice Tu-sai-chi.

Crediamoci.

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Per gentile concessione del Circolo Scrittori Instabili, blog sul quale si sperimentano gli appassionati che hanno frequentato i corsi di scrittura creativa tenuti da Barbara Favaro.




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