Un dibattito fondato sulla conoscenza

La nostra cultura ha da tempo perso l’interesse per la verità. Nel pieno del relativismo odierno ognuno ha la sua, e non c’è una verità assoluta.
Nella società occidentale ci hanno abituati ad accettarne molte, le più svariate e contradittorie.
A chi cresce in una famiglia islamica invece viene insegnato che la verità è stata rivelata, e si trova nel Corano.

Forse è questo il solco che ci divide. Il problema è che non cerchiamo di ripianarlo, perché non ne abbiamo tempo e voglia, o perché non ne abbiamo le capacità. Ci rifugiamo nell’orgoglio, nella presunta superiorità della nostra civiltà, tacendo senza intraprendere il cammino lungo e faticoso del dialogo.

Ogni scontro di civiltà parte dall’incomunicabilità fra le parti, una tensione che nasce da un confronto trattenuto.
E oggi nell’opinione pubblica non s’intravede ancora la volontà di avviare un confronto sincero e profondo tra due culture.

Ciascuno mira a difendere le proprie convinzioni, senza conoscere quelle degli altri.

Il punto è proprio questo: quanto conosciamo la religione e la cultura islamica?

Potrebbe essere interpretato come un segno di debolezza avvicinarsi a tale materia, invece è un passo verso l’altro.
L’ignoranza è il seme da cui germoglia il pregiudizio, mentre la conoscenza è la condizione indispensabile per ogni ragionevole valutazione. E proprio oggi che vige il silenzio, interrotto da qualche slogan propugnato nei dibattiti televisivi, è necessario sapere di cosa si sta parlando, senza lasciarsi ingannare da speculatori politici.

Naturalmente non dimenticando i propri valori e principi, sui quali non possiamo tacere.
A lungo si è evitato il dibattito sull’Islam. Oggi abbiamo l’occasione per avviarlo, ma noi siamo pronti? Non credo. Perciò necessitiamo di convegni, incontri o momenti di riflessione condotti da specialisti di religione, cultura e diritto islamico. Abbiamo tanti professori italiani esperti in materia nelle nostre università, interpelliamoli. 

Dobbiamo combattere una guerra culturale contro l’ignoranza, perché da qui nasce il terrorismo. La scuola è il luogo in cui si dovrebbe far luce, ma sono troppi gli studenti che bigiano le ore di religione, e troppi gli insegnanti che rendono una materia potenzialmente coinvolgente terribilmente noiosa.

E ancora, quanto poco spazio si dedica alla storia delle religioni.
Eppure in questo modo potremmo fermare quei giovani italiani di religione musulmana in pericolo di manipolazione tramite la rete e la potenza delle sue immagini. L’età dell’adolescenza è la più esposta a ideologie sommarie e lì bisogna concentrare i nostri sforzi.

Un fenomeno non molto diverso da quello che ha riguardato alcuni giovani durante gli anni di piombo, ragazzi che guidati ciecamente dall’ideologia hanno intrapreso la via del terrorismo politico.
Ripartire dalla cultura quindi, arricchendo il nostro bagaglio culturale e aprendoci all’altro, senza dimenticare chi siamo.