C'era una volta l'autostop

Pratica dalle radici antiche sempre più in disuso, almeno nel nostro paese. Perché in tanti luoghi del mondo, non ancora profondamente plasmati dalla globalizzazione, questa tradizione permane ancora, eccome.

Era una forma di solidarietà sociale del tutto spontanea, un atto di coraggio forse.
La volontà di offrire un servizio a uno sconosciuto, la possibilità di incontrare una persona, di affrontare insieme una discussione, di raccontarsi esperienze, scambiarsi opinioni.

Oggi invece abbiamo tutti un’automobile, preferiamo i mezzi pubblici e troviamo sempre un amico o un famigliare disposti a darci uno “strappo”.

Inoltre, ci sono utilissime applicazioni come "uber" per concordare un passaggio o addirittura organizzare un viaggio insieme a sconosciuti, con cui condividiamo solamente la meta di destinazione.
Ciò che manca però è la dimensione dell’avventura, la propensione al rischio. Molte volte ci frega la paura, la diffidenza, il pregiudizio.
Circondati da allarmismo e notizie di cronaca terrificanti amplificate dai media, l’autostop è inesorabilmente caduto in disuso.

E’ il paradosso della sicurezza onnipresente, baby.
Quella presunzione sempre più radicata nell’uomo di voler sfidare l’invalicabile imprevedibilità della vita, che spesso può diventare un’ossessione peggiore del male che dovrebbe prevenire.

Se ci pensiamo bene, non c’è nulla che non possa far del male.
Dalle statistiche il luogo in cui si muore di più è il letto, e invece noi continuiamo a dormirci.

Scherzi a parte, l’autostop sta scomparendo perché è diventato più pericoloso o perché semplicemente abbiamo più paura?
Difendendoci da tutto, sempre più controllati da quel “grande fratello” di telecamere atte a prevenire e quindi a proteggerci, ci dimentichiamo che qualcosa di malaugurato potrebbe sempre succederci.

Perché le incognite nella vita sono infinite e non sempre gestibili, mentre molto più gestibili sono i nostri fantasmi, i nostri pregiudizi, i nostri timori.
E molto spesso, senza accorgerci, ne diventiamo schiavi, facendo venir meno la nostra libertà, la nostra curiosità, il piacere dell’avventura e della scoperta.