04 Marzo 2010, 10.00
Valsabbia
Coldiretti

Ogm: l’Italia è libera di vietarli

di red.

L’Unione Europea ha autorizzato per la prima volta una coltivazione geneticamente modificata ma per la Coldiretti l’Italia libera di vietarli.

«Con pericolosa fine della moratoria in pieno contrasto con la volontà dei cittadini, la Commissione Europea ha anche annunciato la storica intenzione di presentare entro l’estate una proposta per far decidere liberamente ai singoli Stati membri se coltivare o meno Organismi Geneticamente Modificati (Ogm) sul proprio territorio, invertendo l’attuale quadro normativo».

È quanto afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che questo darà finalmente la possibilità all’Italia e alle già sedici regioni che si sono dichiarate ogm free di vietare la coltivazione nei loro territori. «Stando così le cose - precisa Marini - l’Europa autorizzi pure quello che vuole tanto in Italia continueremo a non coltivarli». I cittadini italiani potranno infatti dire no anche alle patatine biotech nei campi o sugli scaffali dei supermercati mentre fino ad oggi - spiega Marini - l’Unione Europea ha sempre contrastato la decisione di Paesi e regioni di vietare la coltivazione sui propri territori chiedendo al contrario la definizione di un quadro per la coesistenza tra colture ogm e tradizionali, da cui è scaturita in Italia la decisione del Consiglio di Stato del 19 gennaio scorso con la quale si è richiesto al Ministero delle Politiche Agricole di concludere il procedimento di istruzione e autorizzazione alla coltivazione di mais geneticamente modificato.

La Commissione Europea - sottolinea Coldiretti - prende atto della forte opposizione dei cittadini europei come dimostra il fatto che non è presente nessun prodotto geneticamente modificato in vendita sugli scaffali e difficilmente arriveranno le patatine ogm, nonostante siano ormai 35 gli organismi geneticamente modificati autorizzati in Europa (19 di mais, 6 di cotone, 3 di colza, 3 di soia, 1 di barbabietola, 1 di patata, 1 microrganismo), dopo il grave via libera comunitario alla coltivazione e commercializzazione della patata Amflora e per la commercializzazione ad altre tre varietà di mais geneticamente modificato. Dopo il divieto posto anche in Germania nell’aprile 2009, si sono ridotti a soli sei, su ventisette, i Paesi Europei dove - sottolinea la Coldiretti - è possibile coltivare il mais BT geneticamente modificato, l’unico presente nel Vecchio Continente. Peraltro il drastico crollo del 12 per cento nei terreni seminati con organismi geneticamente modificati (ogm) in Europa nel 2009 conferma che - continua la Coldiretti - si è verificata una inversione di tendenza a conferma che fatto che nel coltivare prodotti transgenici non c’è neanche convenienza economica, anche nei Paesi dove è ammesso. Le sei nazioni che hanno coltivato mais BT in ordine di grandezza della superficie coltivata sono Spagna (80 per cento del totale), Repubblica Ceca, Portogallo, Romania, Polonia e Slovacchia. Cali si sono verificati in Spagna (- 4 per cento), in Repubblica Ceca, Romania e Slovacchia, la Polonia - precisa la Coldiretti - ha mantenuto la stessa superficie coltivata, mentre solo per il Portogallo è aumentata, sulla base del rapporto annuale 2009 dell’ “ International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications” (ISAAA) emerge che la superficie ogm in Europa nel 2009 per la prima volta si è drasticamente ridotta da 107719 ettari a 94750 ettari.

La decisione dell’esecutivo comunitario sulla libertà di semina, dà valore - sostiene Marini - alla scelta lungimirante fatta dall’Italia per un agricoltura libera da ogm grazie all’impegno di un vasto schieramento che comprende Coldiretti, movimenti ambientalisti, consumatori e istituzioni in rappresentanza della maggioranza dei cittadini e agricoltori italiani che sono contrari al biotech nei campi e nel piatto. Sulla base dei risultati dell'ultima indagine annuale Coldiretti-Swg "Le opinioni di italiani e europei sull'alimentazione”, il 72 per cento dei cittadini italiani che esprimono una opinione ritiene che i prodotti alimentari contenenti organismi geneticamente Modificati siano meno salutari rispetto a quelli tradizionali.

Il fatto che, anche dove è possibile la coltivazione, gli agricoltori riducano le semine è la concreta dimostrazione che - sostiene il presidente della Coldiretti - per gli ogm attualmente in commercio non c’è quella miracolosa convenienza economica che le multinazionali e i loro “tifosi” propagandano. Tutt’altro, a dodici anni dalla loro introduzione in Europa, le coltivazioni biotech sono già in calo e rappresentano molto meno dell’uno per cento del totale perché, di fatto, non sono riuscite a trovare un mercato, vista la persistente contrarietà dei consumatori ad acquistare prodotti geneticamente modificati. Una contrarietà giustificata - continua la Coldiretti - dai crescenti dubbi sul piano sanitario e ambientale che nel corso del 2009 hanno portato il governo tedesco a vietare il mais Mon 810 (che alcuni vorrebbero seminare in Italia) a seguito di nuove acquisizioni circa gli effetti negativi sull’apparato intestinale, sugli organismi del terreno e sulla dispersione del polline, con contaminazioni derivanti dalla impollinazione incrociata tra coltivazioni transgeniche e non.

Il modello produttivo cui è orientato l’impiego ogm è il grande nemico della tipicità e della biodiversità e il grande alleato dell’omologazione, che è il vero nemico dell’ agroalimentare italiano e per questo siamo contrari. In Italia, per la conformazione morfologica dei nostri terreni e le dimensioni delle nostre aziende, non sarebbe possibile evitare le contaminazioni e sarebbe violata - conclude Marini - la sacrosanta libertà della stragrande maggioranza degli agricoltori e cittadini di avere i propri territori liberi da ogm. La Coldiretti chiede invece, con decisione una etichettatura chiara che permetta di sapere se il cibo che mangiamo contiene, direttamente o indirettamente, organismi geneticamente modificati.



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