17 Maggio 2007, 00.00
Valsabbia - C
Viabilità

Che sia per davvero la volta buona?

di Ubaldo Vallini

Ci sarebbe solo la Valle Sabbia, nella provincia bresciana, a tirare un sospiro di sollievo per gli stanziamenti previsti dal piano quinquennale delle strade. Il presidente della Provincia Cavalli e l'assessore Parolini attaccano l'Anas.

Ci sarebbe solo la Valle Sabbia, nella provincia bresciana, a tirare un sospiro di sollievo per gli stanziamenti previsti dal piano quinquennale dell’Anas.
Se ne lamentano il presidente della Provincia Alberto Cavalli e l’assessore ai Lavori pubblici Mauro Parolini. I due amministratori lamentano la penalizzazione dell’Alto lago di Garda, la SS 42 del Tonale e della Mendola, la mancanza di fondi per la Variante di Corteo Golgi sulla SS 39 dell’Aprica. «Mancano 82 milioni: l’Anas li trovi» dicono.

C’è ancora chi piange, dunque. Per chi ride però, sempre che le ruspe riprendano a lavorare davvero e non solo sulla carta, finisce un incubo iniziato tanto tempo fa.
Lungo l’asta del Chiese lo sanno tutti: una strada degna di questo nome, in grado cioè di sostenere il traffico veicolare e pesante generato dalla gran mole di attività imprenditoriali grandi e piccole presenti da sempre in Valle Sabbia, è un sogno inseguito fin dagli anni ’60 del secolo scorso.

Un’illusione che è stata coltivata a lungo e che si è concretizzata in una serie di progetti sempre più dettagliati negli anni successivi. Pianificazioni che solo per alcune parti, pur con estrema fatica, sono state messe in pratica.
E’ il caso della 45Bis che arriva fino alle porte di Salò, compreso il complesso svincolo della “Fibbia”, in gran parte sottoterra, che smista il traffico verso il basso Garda e fino a Pompegnino di Vobarno.

Più su, verso il Trentino delle Giudicarie, dove si è parlato di “Ammodernamento della Sp IV fra Tormini e Barghe” e di “Ammodernamento e qualificazione della SS 237 nel tratto Barghe-Storo”, è storia assai più recente. La si potrebbe far risalire, pietosi nei confronti di Anas, ai progetti “esecutivi” redatti fra il 1990 e il 1992 dal Centro Sudi Progetti di Verona.
I primi riguardavano la Sp IV: il primo lotto da Vobarno a Sabbio ed il secondo lotto da Sabbio a Ponte Re di Barghe, appaltati dall’Ente Strade rispettivamente nel febbraio e nel marzo del 1992. L’altro interessava la 237 del Caffaro, con Regione Lombardia, Comuni interessati e Comunità montana che ebbero modo di esprimere i loro pareri ed inviarli alla Provincia che si era presa la briga di fare da capofila nella progettazione, prima della fine del ’92.
Interventi sulla 237 poi non se ne fecero: bloccato l’iter dal ministro Ronchey perchè ritenuto poco rispettoso dell’ambiente, quella strada rimane tutt’ora materia onirica.

Solo l’anno scorso, alla fine di marzo, dopo tredici anni d’attesa “conditi” da perizie, ricorsi ed estenuanti rinvii, è stato aperto al traffico il tratto da Sabbio Chiese a Ponte Re di Barghe: 4 chilometri e mezzo dei quali 1,6 in galleria che hanno il merito di aver tolto il traffico pesante ai centri abitati di Sabbio Chiese e di Barghe, ma sono gli unici.
Da quasi dieci anni ferve l’attesa anche per la riapertura del cantiere del “lotto 1” fra Pompegnino di Vobarno e Sabbio.
Questi sono sette chilometri e mezzo dei quali 2,5 in galleria, appaltati nel 1992 all’associazione di imprese Mattioda, Bertino, Cerniè che dopo alcuni anni ha pensato bene di mollare tutto.

“Praticamente è già fatta quella strada, mancano solo le rifiniture” è il ritornello degli ultimi anni.
Ripassando le cifre impegnate qualche cosa però non torna: nel 1992 l’importo a base d’asta per l’intera opera (assegnata con un ribasso del 33%) era di 51 miliardi di lire, ora ci vogliono più di 30 milioni di euro solo per finirla.


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