26 Marzo 2007, 00.00
Valsabbia - C
Strade ferrate

Da Brescia a Vestone: ferrovia o tram? /1

Iniziamo con oggi a pubblicare il primo di tre capitoli che costituiscono una sintesi degli eventi che portarono la nostra provincia a possedere una strada ferrata, che arrivň poi anche a Idro.

Iniziamo con oggi a pubblicare il primo di tre capitoli che costituiscono una sintesi degli eventi che portarono la nostra provincia a possedere una strada ferrata, che arrivò poi anche a Idro.
Quella della ferrovia è un'idea ancora attuale?


Da Brescia a Vestone! Con la ferrovia o in tram?
di Sergio Re

1. Una nuova era di grande mobilitĂ !
Siamo nell’ultimo quarto del secolo XIX, la neonata nazione italiana aveva bisogno di forare la barriera degli antichi confini e di tracciare direttrici di rapido collegamento. Per far questo bisognava abbattere i tortuosi percorsi che tra stati e staterelli erano andati alla ricerca di sicurezza piegando la viabilità alle necessità dei controlli politici e doganali. L’interrogativo degli amministratori pubblici era però ferrovia o tram? Un interrogativo in sé eminentemente economico (la ferrovia richiedeva investimenti cospicui, mentre l’armamento più leggero del tram riduceva drasticamente le spese) che non tardò però a scoprirsi anche interrogativo politico.

Le ferrovie da subito divennero il cavallo di battaglia del partito progressista, legato all’ambiente imprenditoriale e quindi alla nascente industria pesante, che auspicava grandi collegamenti con raccordi nei confronti della dorsale ferroviaria padana (la ferdinandea che collegava Venezia con Milano passando da Brescia e che era già in servizio dal 1852), mentre la tramvia (che al tempo veniva spesso chiamata guidovia) era prediletta dalla maggior parte del partito cattolico e conservatore, i cui interessi si legavano alle campagne, allo sviluppo agricolo, al commercio minuto e quindi ai col-legamenti su scala provinciale. Apparentemente la soluzione si sarebbe potuta trovare solo nell’impostazione di un modello di sviluppo territoriale idoneo a rappresentare il futuro economico della provincia bresciana.

Apparentemente! Nella realtà il vero, insormontabile problema fu proprio e solo quello economico. Già nel 1877 gli ingegneri bresciani Borra e Bernardelli avevano elaborato il primo progetto di guidovia a trazione animale che avrebbe dovuto collegare la città con tre direttrici fondamentali: Iseo, Gardone Valtrompia e Valsabbia/Salò. Il preventivo dell’opera finita veniva stimato in oltre due milioni di lire (quasi otto milioni di euro attuali) con probabili aumenti per gli imprevisti che sicuramente si sarebbero incontrati. Vista l’entità dell’esborso e visto che nessun singolo imprenditore locale o pool di investitori aveva la voglia di imbarcarsi in una avventura dal dubbio futuro, immediatamente si abbassarono i toni dello scontro e tutti convennero di incaricare il Borra di un progetto esecutivo per la sola tratta BresciaSalò che sembrava la più semplice da realizzare, ma – ahimè – anche questa risultò, per le finanze bresciane, eccessivamente dispendiosa (oltre un milione di lire) e non se ne fece nulla.

L’indisponibilità dei capitali locali – che si dichiararono più volte avversi anche ad altri e pur interessanti progetti ferroviari e tranviari – costrinse la Deputazione Provinciale a rivolgersi all’iniziativa straniera. Su questo fronte, si fece immediatamente avanti una società londinese che ricevette l’incarico per realizzare guidovie a trazione meccanica verso le tre direttrici già individuate dal Borra, alla quale si aggiunse ora anche Orzinuovi, nell’intento di avvicinare alla montagna la produttività agricola della bassa bresciana. A causa di difficoltà interne la società londinese fu però costretta a cedere la sua concessione ad una società belga la quale si mise immediatamente al lavoro, costituì una nuova concessionaria, la “Tramways de la Province de Brescia”, e iniziò rapidamente i lavori. Entro il 1881 la nuova società inaugurò i collegamenti con Orzinuovi e con Vobarno ed entro il 1882 quello con Gardone Valtrompia.

Nel frattempo altri investitori si erano fatti avanti scoprendo interessanti potenzialità economiche nel territorio bresciano. In quello stesso 1882 un’altra società belga, la “Societè d’Entreprise Gene-rale de Travaux”, ottenne la concessione per aprire il collegamento con Castiglione delle Stiviere che in futuro venne prolungato fino a Mantova e Ostiglia.
Nel giro di un quinquennio insomma, a cavallo degli anni settanta e ottanta del XIX secolo, il territorio bresciano si trovò percorso da materiale rotabile tranviario che (a meno della Val Camonica ancora impedita dal collo di bottiglia del Lago d’Iseo) collegava la campagna con la montagna e con il Garda. Questa visione ideale si scontrò però con lo scarso coordinamento dei progetti che erano stati tutti gestiti in modo indipendentente.

La tramvia di Gardone Valtrompia si fermava a Porta Trento, quella di Orzinuovi nei pressi della stazione ferroviaria e le due di Ostiglia e Vobarno arrivavano a Porta Venezia, ma non si interconnettevano tra di loro. La città insomma – che non era mai stata interessata a questi progetti – si trovò ad essere, più che uno snodo di coordinamento, un ostacolo alla interconnessione delle reti. A questo punto le due società concessionarie incominciarono a fare pressioni sulla municipalità cittadina per porre i binari sulla via di circonvallazione (pressappoco l’attuale Via XX Settembre) interconnettendo i collegamenti verso sud con quelli verso est, ma la città aveva ormai compreso che, per trarre qualche vantaggio, la partita andava giocata in altro modo.

(Continua)


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