15 Dicembre 2017, 14.50
Valsabbia Provincia
Immigrazione

Senza prospettive

di Redazione

Dei 23.573 richiedenti asilo e rifugiati in Lombardia, 2742 sono ospitati nelle strutture di accoglienza bresciane. Vediamo qual è la situazione in Valle Sabbia e quali sono le problematiche principali dell’integrazione


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In Lombardia attualmente sono 23.573 i richiedenti asilo e i rifugiati ospitati in 627 Comuni, il 41% del totale. Per i Comuni fino a 2000 abitanti il Piano nazionale di ripartizione del Ministero dell’Interno definisce un numero fisso di posti, pari a 6; nella nostra regione, invece, il numero mediano di migranti per Comune a ottobre 2017 era pari a 10, un numero molto superiore a quello previsto. Il numero di posti da attribuire ai Comuni con più di 2000 abitanti è invece di 2,7 migranti per mille residenti, con un minimo di 6 migranti; il valore mediano nei Comuni lombardi in questo caso era pari al 2,2 per mille, un valore compatibile con quanto previsto nel Piano.
 
Nelle strutture di accoglienza bresciane i migranti al momento sono 2742, con il coinvolgimento di ben 119 Comuni. Lo ha reso noto alla fine di ottobre Éupolis, l’Istituto per la ricerca e la statistica della Regione. 
 
Oltre al caso ormai noto del Comune di Gambara, la cui frazione del Corvione ha accolto in un ex ristorante ben 113 cittadini stranieri, un’altra situazione che spicca nel panorama locale riguarda proprio un paese valsabbino: parliamo di Anfo, che presenta 130 richiedenti asilo ogni mille abitanti. 
 
Tra i Comuni valsabbini, dopo Anfo, quelli che ospitano il maggior numero di richiedenti asilo per mille abitanti sono Lavenone, con 7 migranti, Casto e Barghe con 5 e Gavardo con 4. 
 
Sono numeri importanti, ma non è detto che i dati rispecchino in tutti i casi problemi o tensioni tra residenti e immigrati. Sembra che spesso il problema principale sia la mancanza delle risorse e delle autorizzazioni necessarie ad aiutare queste persone ad intraprendere un percorso finalizzato alla costruzione del proprio futuro, magari anche attraverso corsi professionali che permettano loro di tenersi occupati e di imparare un mestiere. 
 
Molti di questi ragazzi cercano possibili sbocchi senza trovarli, da una parte volgendo lo sguardo alle famiglie di origine, delle quali spesso non hanno più notizie, dall’altra pensando ad un futuro per il momento incerto e pieno di incognite. 
 
 



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