05 Aprile 2012, 09.30
Valtrompia
Lettera

Fiorisce a Kiremba il «giardino della risurrezione»

di Redazione

Il 27 novembre 2011 persero la vita in un attentato nella missione di Kiremba (Burundi) suor Lucrezia Mamic e il cooperante Francesco Bazzani. Ora un monumento li ricorda, come dice la lettera scritta da don Michele Tognazzi, fidei donum in Burundi e dal 1999 al 2006 curato a Sarezzo

Di seguito la lettera arrivata in redazione: 
 
Icibare c’izuka. Il giardino della resurrezione
Là dove si ama non fa mai notte (I bukunzi ntibwira). Con l’incisività del kirundi, la lingua di Kiremba, questo proverbio sta scritto su una pietra, nel giardino dell’ospedale che porta il nome del sacerdote bresciano mons. Monolo. Accanto a questa pietra ve ne sono altre, legate da un cemento verde, come le colline del Burundi, pietre che prendono la forma stessa di un paese che assomiglia troppo a un cuore, per non essere al centro dell’Africa.
 
Da queste pietre, forse le più inutili usate in terra di missione, spuntano due fiori in ferro, colorati di rosa il primo, bianco il secondo, entrambi profilati di rosso. Tre colori non scelti a caso. Sono pietre inutili, perché prive dell’altisonante pretesa di contribuire allo sviluppo di un popolo, che mai, solo in virtù di pietre, si realizzerà. Sono pietre umili, perché sanno bene di dover sostenere il ricordo di due persone, che certo non erano né immobili, né fredde.
 
Questo è il piccolo memoriale, benedetto dal Nunzio apostolico mons. Franco Coppola, sabato 24 marzo a Kiremba, giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri, a seguito di una celebrazione eucaristica e di una via crucis che dalla chiesa si è snodata fino a quel giardino, chiamato: “icibare c’izuka”, giardino della resurrezione.  
 
Suor Lucrezia Mamic e Francesco Bazzani, sono i nostri due amici, uccisi la tragica notte del 27 novembre 2011. I due fiori del monumento li ricorderanno a Kiremba, ma loro continuano a vivere, come più volte ha ricordato il parroco Isaia Ntahondi, nell’abbraccio della resurrezione che solo Gesù Cristo può dare.
 
Ecco spiegato il nome del memoriale: giardino della resurrezione. Ecco spiegato il proverbio: “Là dove si ama non fa mai notte”, nell’amore di Dio, la notte non avrà il sopravvento. Nemmeno il buio della morte avrà il sopravvento sull’amore, nemmeno il buio e lo sconcerto causato da un inutile duplice assassinio.
 
Erano in molti a commemorare suor Lucrezia e Francesco: i batwa, gli ammalati e i lavoratori dell’ospedale, gli abitanti delle colline di Kiremba, e moltissimi degli amici missionari italiani, religiosi e laici, che continuano a lavorare in Burundi. Significativa è stata anche la presenza delle autorità locali, che si sono mosse spontaneamente, senza un invito ufficiale, per manifestare il loro cordoglio: il presidente dell’assemblea nazionale Piyo Ntavyohanyuma (seconda carica per importanza dopo il presidente della “Repubblica”) e il ministro degli interni.
 
Siamo abbastanza disincantati dal non farci compiacere dalle belle parole. Sappiamo come spesso si viene amati, solo nella misura in cui si dona e solo se si continua a donare. Abbiamo però una fede abbastanza lucida per dire che il proverbio kirundi dice il vero: là dove si ama non cala mai la notte.
 
Se il cuore di questo popolo ha saputo esprimere questa verità, in questo bellissimo proverbio, significa che questo stesso cuore è capace dell’amore di Dio. L’amore di Dio è gratuito, senza riserva, Dio stesso è amore e ci spinge ad amare così: donando se stessi. Di quest’amore sono stati capaci suor Lucrezia e Francesco. Di questo amore sono stati capaci anche tanti altri missionari uccisi in giro per il mondo e anche tanti cristiani di questa terra africana, il Burundi, uccisi senza che nessuno ne possa fare memoria.
 
Un altro proverbio è scritto nel giardino della resurrezione, come il primo scelto dalla gente di Kiremba. “Là dove muore la madre, si trova la pelle che serve per portare il bambino”. Il senso è forse troppo chiaro perché abbia bisogno di essere spiegato, ma mi preme farlo perché sia evidente a tutti che la “pelle” che suor Lucrezia ha lasciato, e che tutti potranno continuare a usare, è quella di una fede che lega al Signore Gesù, al suo amore.
 
In quella fede si diventa creature nuove, in quella fede si impara ad amare come Gesù, quella fede dona senso anche al morire, donandosi come Gesù. Quella fede, nell’amore di Dio, è il seme di un uomo nuovo, il vero e il solo protagonista di un autentico sviluppo. Siamo grati allora a tutti quei cristiani che in Italia e nel mondo, continuano a essere autentici testimoni di quella fede, come suor Lucrezia. 
 
don Michele Tognazzi
 
Nelle foto, dall'alto in basso: il memoriale inaugurato lo scorso 24 marzo, suor Lucrezia Mamic e Francesco Bazzani uccisi il 27 novembre 2011, il missionario don Michele Tognazzi.


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