13 Dicembre 2014, 08.26
Vestone Valsabbia
Arte & Letteratura

Giovanni Paganin, il grido della scultura

di Giancarlo Marchesi

Milano dedica una mostra al grande scultore del secolo scorso. Era di Asiago, fu lui a spingere il Vestonese d'adozione Mario Rigoni Stern a scrivere delle sue esperienze in Russia e a metterlo in contatto con Elio Vittorini


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È in corso di svolgimento in questi giorni, presso la Fondazione Corrente di via Carlo Porta 5 a Milano, la mostra dal titolo: “Giovanni Paganin. Il grido della scultura”, a cura di Giorgio Seveso in collaborazione con Patrizio Paganin.

Attraverso le opere selezionate la Fondazione Corrente
, che organizza l’evento vuole ricostruire il percorso artistico di Giovanni Paganin (1913-1997) che nato ad Asiago giunge a Milano, appena venticinquenne, nel 1938.
Qui entra in contatto con Ernesto Treccani e il gruppo di Corrente, e, presentato da Duilio Morosini, esporrà per la prima volta nel gennaio del 1941, proprio presso la Bottega di Corrente.

Come sottolineato da Giorgio Seveso
nel testo in catalogo le opere di Paganin rimarranno per sempre nel corpo vivo della scultura figurale italiana come uno tra i più alti momenti di drammaticità plastica, là dove l’urgenza dell’espressione si fa quasi brutale, e intaglia, lacera, ferisce e deforma, intacca e prosciuga il pieno e il vuoto della forma umana, alla ricerca della sua essenziale verità emozionale.

Profondamente impressionato dalle sculture di Wiligelmo viste nel Duomo di Modena, dove era sfollato con la famiglia durante la guerra, fin da ragazzo sente il bisogno di esprimere nelle forme plastiche i propri sentimenti: nonostante le ristrettezze economiche, si dedica alla scultura, dapprima utilizzando gessi e legni e solo successivamente il bronzo, una lega più costosa e ottiene importanti riconoscimenti di critica.

La mostra vuole ricostruire il percorso dell’artista attraverso una accurata selezione di sculture in bronzo e gessi, disegni su carta e cartoncino e dipinti, realizzati tra la metà degli anni quaranta e gli anni ottanta.
Si tratta di circa 40 opere raramente esposte e per la maggior parte inedite, provenienti dalla collezione della famiglia dell’artista e da collezioni private.

La figura di Giovanni Paganin è stata di fondamentale importanza per lo scrittore Mario Rigoni Stern, il sergente che ha raccontato al mondo, attraverso i suoi coinvolgenti scritti, le gesta del Battaglione Vestone in terra di Russia.
È lo stesso Rigoni a ricordare, in una sua memoria, il ruolo fondamentale che ebbe lo scultore – suo compaesano - per favorire i contatti tra il sergente del Battaglione Vestone e il dinamici ambienti culturali di Milano e Torino degli anni Cinquanta.

«….È grazie a un amico scultore, Giovanni Paganin, ritornato al paese [Asiago] dopo essere emigrato negli anni Trenta a Milano per sete di conoscenza e di lavoro, dove era entrato a far parte del gruppo di Corrente – racconta Rigoni – che presi cognizione di fatti e di autori che il fascismo e le vicende non mi avevano fatto conoscere. Quando qualche volta andava a Milano per incontrare gli amici mi portava dattiloscritti di autori non ancora pubblicati o che non potevo comperare: Kafka, Blok, Lorca, Esenin, Faulkner, Hemingway, Eliot».

«Nelle lunghe sere paesane - prosegue Rigoni - raccontavo a Paganin dei Lager tedeschi e della ritirata di Russia e un giorno mi chiese: "Perché non scrive queste cose?" (Allora nel nostro paese, pochi anni di differenza d'età richiedevano il rispettoso lei).
Confuso gli risposi che qualcosa avevo scritto e così, quando nell'inverno del 1947-48 fu costretto a letto, andavo a tenergli compagnia leggendogli i ricordi della ritirata di Russia scarabocchiati su vecchi stampati. Alla fine mi convinse di scriverli a macchina: alla prima occasione Paganin li avrebbe portati a Milano, da Elio Vittorini.

Nel 1951 Vittorini scrisse a Paganin: "...non sai se la Casa Einaudi abbia scritto direttamente al tuo amico per quel bel libro di ricordi sulla ritirata di Russia? Io non ho saputo più niente. Ma spero di ricordarmi di chiedere la prossima volta che vado a Torino. Ora nella memoria, quando ci ripenso, mi sembra la cosa più viva che abbia letto sulla guerra..."».

«Dopo più di un anno andai a Milano –continua il suo racconto Rigoni – e con imbarazzo e timore, sulla scrivania di Vittorini incominciai a leggere con lui alcuni fogli. Ogni tanto mi chiedeva un chiarimento su un termine militare, mi interrompeva per sapere il significato di una parola russa o dialettale o il perché di una punteggiatura.
[…] In quegli anni del dopoguerra lessi molto, scoprii le grandi letterature francesi e russe e i poeti e gli autori italiani che il fascismo ci aveva fatto ignorare: mi interessavo anche di Storia naturale e di Storia. Nel 1953, quando ormai non ci pensavo più, mi arriva il contratto dalla Einaudi per il mio libro nei "gettoni". Vittorini e Calvino avevano deciso di intitolarlo Il sergente nella neve».

A corollario delle opere di Giovanni Paganin, una selezione di materiali d’archivio (cataloghi, lettere, fotografie), che ricostruiscono le relazioni dello scultore di Asiago con l’ambiente artistico milanese e italiano.
La mostra sarà aperta al pubblico dal 4 dicembre 2014 al 30 gennaio 2015 e sarà allestita nelle due sale espositive della Fondazione Corrente, nella Casa delle Rondini di via Carlo Porta 5 a Milano.

Giancarlo Marchesi






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