09 Settembre 2015, 12.00
Deep Walking

Sulla via degli Etruschi

di Sonia Piccoli

Due giorni di full immersion in riva al mare, tra spiagge, suggestive calette, pinete, promontori e siti archeologici. Alla scoperta del popolo più enigmatico e affascinante che appartiene all’Italia, territorio principe della loro influenza


La nostra prima tappa parte dalla spiaggia di San Vincenzo per arrivare a Populonia (13 km) di bellezze ed emozioni continue, mentre la seconda da Populonia per arrivare a Piombino per la Via dei Cavalleggeri (circa 15 km).

Gli Etruschi erano un popolo pacifico, costretto ad impugnare le armi soltanto a causa delle vessazioni di Roma. Avevano una visione animista, in cui l’Universo tutto pulsa di vita e ogni organismo è connesso. Da qui l’amore per la Terra, i boschi, le fonti, le montagne e il cielo, sinfonia sublime dell’Energia Prima, che nel corpo umano esprime la sua sacralità attraverso le funzioni sessuali.

Il loro pantheon è formato da numerosi personaggi ed esseri ausiliari, esprimenti i molteplici aspetti di una lontana dottrina esoterica, invisibile ai profani. Similmente agli gnostici, ritenevano, infatti, l’uomo al centro delle forze luminose ed oscure, in grado di stabilire da solo quale via intraprendere per tornare in alto. La Madreterra donò agli Etruschi la geometria sacra e il suono primordiale, con il quale ammaliavano gli animali .Notevole l’incisione del mandala esoterico “fiore della vita” a sei petali, di matrice indiana, trovato sulla stele del guerriero Avele Feluske, a Vetulonia.

La disposizione reticolare dei massi negli edifici replica la struttura biologica della cellula, facendo sì che l’intera costruzione prenda vita e “comunichi” determinate frequenze, particolarmente attive presso i corsi d’acqua. L’elemento liquido aveva una funzione purificatrice, ancor oggi apprezzata nei centri termali di Saturnia e Petriolo.

Numa Pompilio, che le tradizioni descrivono come monarca pacifico e illuminato, era in contatto con la ninfa Egeria, che abitava una sorgente nel bosco sacro vicino al fiume Almene. L’acqua sorgiva magnetizza i raggi cosmici, come gli infrarossi, rigenerando la terra e le forme di vita. Nell’uomo potenzia la memoria ancestrale e inonda l’ipotalamo di energia planetaria.


Un di’ di gennaio mi recai a trovare degli amici a San Vincenzo. Qui grazie a loro conobbi Gloria, una gran donna sia di cuore che di saggezza, amante come me del Golfo di Baratti, Populonia e delle zone limitrofi.

Prima tappa: San Vincenzo - Populonia
Il nostro cammino inizia sulla spiaggia di San Vincenzo, 13 km circa di bellezza continua. Si incomincia su una spiaggia per la maggior parte libera e molto suggestiva, per poi entrare nel Parco naturale di Rimigliano, caratterizzato da una fitta vegetazione della costiera mediterranea e piccole dune di sabbia.
 Da lì a poco entriamo in un altro magnifico parco: il Parco Archeologico di Baratti e Populonia, 80 ettari di una magnificenza unica al mondo. Sembra disegnato con il compasso. Si apre su una bellissima spiaggia libera, protetta da pini marittimi piegati dal vento e da una  piccola macchia mediterranea.

Baratti e il suo golfo sono posti unici che, per chi osserva e ascolta, ti porta fuori tempo. Ci troviamo piano piano all'interno di un paesaggio misto tra prati, sabbia finissima, il mare con i suoi colori cangianti e il silenzio. Il panorama che si gode, smuove emozioni continue durante tutto questo cammino.

Arriviamo al porto e da qui iniziamo a salire il promontorio che ci porterà a Populonia. Anche questo tratto è meraviglioso, di semplice difficoltà, con alcuni piccoli tratti un pochino più difficili, ma di una bellezza incantevole. Lungo il percorso possiamo ammirare tombe etrusche ben visibili e scorci meravigliosi verso il mare. Nel giro di 15/20 minuti arriviamo a degli scogli con vista e poi nella sottostante caletta da sogno chiamata Buca delle Fate (da qui è molto facile riuscire a vedere i delfini). Il panorama che ci offre è stupendo e di fronte a noi riusciamo scorgere l'isola d'Elba e la Corsica. Decidiamo di fare una piccola pausa per contemplare il tutto.

Ripartiamo con la gioia negli occhi e nel cuore continuando a salire verso Populonia, unica vera grande città etrusca veramente sul mare.

Populonia ebbe molta importanza nell'Etruria per lo sfruttamento delle miniere ferrifere sia dell'entroterra, in primis quelle di Val Fucinaia, e sia dell'Elba. Delle origini etrusche di Populonia restano tracce archeologiche sparse in tutto il promontorio. L’area è ricca di tombe sepolcrali e di corredi funebri e tracce evidenti delle due attività principali di questo popolo: la lavorazione del ferro e l’estrazione di panchina, pietra usata per costruire pietre e tombe.

Sono visitabili una serie di tombe monumentali a tumulo e a edicola, risalenti dal settimo al sesto secolo avanti Cristo e alcuni imponenti edifici, costruiti con accurate e sapienti tecniche murarie. Questi edifici erano destinati in parte ad abitazione ed in parte anche alla preparazione e allo stoccaggio dei pani di ferro grezzo.

Anche il toponimo Populonia è, secondo molte ipotesi, di chiara origine etrusca: riportiamo l'ipotesi del Minto che lo fa derivare da "Fufluns", divinità etrusca del vino. La città diventa in seguito municipio romano e attraversa tutte le vicissitudini dell'impero. Durante la guerra civile tra Mario e Silla è costretta a subire l'assedio di quest'ultimo per essersi schierata dalla parte del rivale. Nel 546 d.C. Populonia fu invasa e saccheggiata da Totila, capo dei Goti. Secondo il poeta Rutilio Namaziano, nel V secolo d.C., l'abitato di Populonia era ormai ridotto in condizioni fatiscenti. Carlo Magno concesse la città a papa Adriano nel 772 d.C. Nel IX secolo d.C. Populonia subì l'ultima devastazione ad opera dei pirati saraceni.

Dopo la decadenza del Medioevo si deve attendere Iacopo II Appiani che nel Quattrocento fece erigere il castello nella parte alta di Populonia per fronteggiare gli assalti dei pirati. L'opera fu portata a termine da Iacopo III, che completò anche il rilancio urbanistico del borgo. La Rocca ci appare oggi con la forma classica delle fortificazioni militari della fine del XV secolo. Ma l'elemento che domina il complesso è ancora il possente torrione a pianta rettangolare che era il primitivo mastio medievale. Attorno alla torre si svolge la cinta muraria, costruita nel XV secolo con pianta rettangolare, con un camminamento di ronda e garitte agli angoli.

Durante una fase ancora successiva fu aggiunta, al centro del lato corto occidentale della cinta muraria, una semitorre rotonda, simile ad un esedra, dotata di un ampia scarpatura e coronata da merli ghibellini. Anche questa semitorre è dotata di camminamento di ronda, più alto rispetto a quello della restante cinta, e possiede un muro con feritoie anche sul lato interno, per difendersi dai nemici che fossero riusciti a penetrare all'interno della fortificazione.

Da vedere:
Oggi il castello ci appare ancora ben conservato: la visita permetterà di osservare le architetture militari della Rocca di Populonia, che può essere considerata un punto fondamentale dell'architettura fortificata nel passaggio dal castello alla rocca. Dai bastioni, e soprattutto dalla torre, si può ammirare un ampio panorama sulla costa e sull'Arcipelago Toscano. Il resto del borgo, con due strade principali, San Giovanni di Sopra e di Sotto, orientate sull'asse est-ovest, non presenta altri edifici di rilievo, ma è popolato di negozi e locali tipici. E' interessante la visita al piccolo museo privato, ricco di interessanti reperti etruschi e romani rinvenuti negli scavi della zona o provenienti da recuperi marini.

Seconda tappa: Populonia - Piombino
Con un sole quasi primaverile, Gloria ed io riprendiamo il nostro cammino in località Reciso; il luogo è riconoscibile per uno spiazzo sulla sinistra che scende leggermente sotto il livello stradale e appena sopra una strada sterrata chiusa da un cancello, ma l'accesso viene garantito da un varco per pedoni.

Eccoci pronte, felici e curiose di scoprire cosa ci offrirà la seconda tappa.
La strada sale dolcemente e siamo subito in un folto bosco dove spiccano pini, lecci, querce da sughero, corbezzolo e lentisco, ricca è la macchia mediterranea: l'occhio viene gratificato da rigogliose fioriture di ginestre e delicati ciclamini, cisti e anemoni.

Dopo circa mezz'ora giungiamo ad una radura dove possiamo visitare i ruderi del Monastero di San Quirico (IX e XI sec.). Le prime documentazioni del Monastero Benedettino risalgono al 1048, come si deduce dal Cartulario del monastero. Nel corso del XII secolo all'ente appartenevano terre, molini e saline. In seguito, dopo un lungo periodo di crisi attraversato nel corso del XIII secolo, il monastero fu prima concesso agli eremiti di S. Maria di Rupecava e poi, nel 1259 ai Gugliemiti di Malavalle.

Il cenobio fu soppresso alla fine del XIV secolo, sebbene una continua frequentazione della chiesa è registrabile, anche grazie alle evidenze materiali, sino all'età moderna.
Lo scavo ha sinora riportato in luce i muri perimetrali della chiesa, l'edificio più antico del''intero complesso risalente alla seconda metà dell'XI secolo. Alla chiesa, ad aula unica terminante con tre absidi, si affianca un ampio chiostro, provvisto al centro di un pozzo, a cui erano collegati una serie di ambienti di servizio solo parzialmente riportati in luce nel corso della prima campagna di scavo.
Inoltre sono state identificate una serie di fasi cimiteriali caratterizzate sia dalla presenza di tombe in fossa terragna sia rivestite con lastre di pietra.

Riprendiamo il cammino e giungiamo ad un bivio: prendiamo quello che sale, proseguiamo  camminando sempre in un saliscendi e passiamo da Aia del Prete e Poggio Grosso, arrivando ai Monti Pecorino e Massoncello.
Proseguiamo ora in direzione est e abbiamo le prime aperture sul mare e della pianura di Piombino.
La strada diventa più ampia e giungiamo a Campo alla Sughera, riconoscibile da numerose cataste di legna: da qui si può godere di splendidi panorami sul mare e del territorio circostante.

Questa strada è anche una meta ambita per molti ciclisti in mountain bike e spesso dobbiamo dar loro strada; mentre camminiamo ci rendiamo conto anche che questi luoghi sono frequentati da cinghiali (quindi attenzione).

Da Campo alla Sughera incominciamo a scendere verso Salivoli e poi Piombino. Da qui possiamo vedere Punta Ala, l'isola del Giglio, Montecristo, Cerboli, Palamaiola, l'Elba, la Corsica, Capraia e in giornate eccezionali la Gorgogna.

L’essenza di questi luoghi restituisce a chi si muove lentamente il gusto di scoprire posti tutti da vivere a passo d’uomo. E soprattutto luoghi capaci di motivarci fortemente verso il recupero del “nostro” tempo, in continuo movimento e in equilibrio tra cielo e mare, dove bisogna incamminarsi con la mente libera.

Sonia Piccoli - Camminando qua e là


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