18 Dicembre 2017, 08.15
Vobarno Valsabbia
Lettere

La comunità delle Case di riposo è importante, ma non basta

di Ernesto Cadenelli

Ho letto con grande interesse l'articolo del prof. Bonomi...


Si coglie lo spessore del politico e dell'amministratore di lungo corso, forgiato alla scuola della progettualità incurante della ricerca di piccoli vantaggi che la quotidianità può portare.
Parte di quella schiera di uomini e donne che hanno saputo far fare alla nostra Valle e non solo, un salto di qualità notevole per sviluppo e servizi, che portano rispetto e argomenti al tavolo del dialogo e del confronto sulle problematiche.

Le considerazioni espresse nell'articolo pubblicato da Valle Sabbia news, hanno il pregio di offrire una visione storica delle strutture assistenziali e contemporaneamente una traiettoria futura sulla quale è doveroso ragionare.

Vorrei partire da una “banale e ovvia” osservazione, però secondo me opportuna: siamo in presenza del costante aumento della popolazione anziana e con esso l'aumento delle forme di cronicità o di malattia che necessita di rinnovate scelte politiche in campo sanitario-assistenziale adeguate.

Questo è il tema: lo svolgimento dovrebbe per l'appunto riguardare tutte le sfaccettature che presenta, la riorganizzazione della sanità, le strutture di assistenza (case di riposo o altro), le strutture di sollievo, l'assistenza domiciliare e le politiche di aiuto alle famiglie e il riconoscimento del lavoro di cura sul versante previdenziale e normativo (quasi sempre sono donne).
Ha ragione il Professore, nessun robot potrà mai sostituire l'attenzione e la cura umana. Per questo un lavoro che è missione e fatica, andrebbe conosciuto, valorizzato e contrattualizzato giustamente, cosa che non sempre avviene.

Vorrei allargare il ragionamento, in quanto considero di notevole intuizione e sicuramente da affrontare in tempi stretti le proposte di Bonomi; ma nel contempo ritengo di provare a collocarle dentro un processo di riordino più complessivo.

L'era formigoniana della direzione della Lombardia
, ha prodotto una riforma della sanità che ha rotto con i territori, privilegiato la sanità privata, esautorando di fatto il ruolo dei sindaci e avocando all'assessorato regionale di competenza la nomina di direttori delle strutture (o meglio aziende ospedaliere), superando qualsiasi organismo collegiale di controllo delle scelte e della spesa.

Sono sotto gli occhi di tutti i molti scandali. Di fatto oggi negli ospedali si effettuano interventi, anche di grande qualità, ma dopo pochissimi giorni con le dimissioni, il paziente e i familiari sono nella difficoltà più terribile.
Dove fare la convalescenza, la riabilitazione?

Alla base di questa riorganizzazione c'è stato il problema della riduzione della spesa sanitaria, ma anche la tabella della remunerazione dei singoli interventi, che ha ingolosito molti.
E' sbagliato proporre che la sanità pubblica si orienti verso la creazione di alcuni reparti di lunga degenza o di geriatria? Sapendo che questo è il problema già oggi?
Ci sono parecchie specializzazioni che hanno pochissimi clienti, ci sono ospedali semi vuoti e c'è un enorme bisogno di aiuto per le persone anziane. Perchè non pensarci e riconvertire alcune strutture in questa direzione?

Pur riconoscendo il ruolo e il valore delle strutture come le Case di Riposo, faccio fatica a credere che possano dare risposta per la parte sanitaria a grandi numeri.
E' importante indubbiamente la complementarietà tra i soggetti, ma per l'appunto la complementarietà e non la sostituzione che non si realizzerà mai.

Con la legge regionale del 2003 (riforma delle IPAB), il dubbio che la regione volesse in qualche modo arrogarsi il diritto a nominare i Presidenti, fece sì che le Case di Riposo e i Comuni interessati optassero per la trasformazione in Fondazioni.
Questo da un lato ha ritardato quel processo di sinergie che anche Bonomi auspica (non esiste nemmeno la lista unica di attesa!), dall'altro ha creato una situazione ibrida per cui i Sindaci nominano i Consigli di Amministrazione e poi non possono intervenire più di tanto sulle scelte strategiche delle stesse.

Quanto accaduto a Vobarno nell'ultimo periodo è un esempio eclatante delle possibili storture che si possono creare con ricadute a volte pesanti.
Per questo penso che l'ipotesi di una prima forma di coordinamento dei Presidenti della strutture valligiane debba vedere protagonisti anche i Comuni di riferimento, recuperando quel ruolo di programmazione sovra comunale che spesso manca perché delegato o addirittura negato.

Occorre rifuggire però dalla tentazione, mai morta, di creare carrozzoni anche in questo settore che servano solo per sistemare amici o portaborse. Qualche esempio non brillante esiste anche in Valle.
Erano bei tempi, quando si riunivano quelle commissioni composte per lo più da volontari, cariche di bagaglio ideale, che discutevano ore e ore per trovare le opportune convergenze sulla gestione della sanità e assistenza in Valle!

L'unione fa la forza, anche nei servizi alla persona
. Ma rispetto alla questione generale che ho posto, occorrerebbe anche pensare ad una evoluzione di una rete di servizi modulata in modo da avere forme di flessibilità, capaci di cogliere anche le differenti situazioni o patologie degli anziani.

Quindi, potenziare l'assistenza domiciliare, alleviare le famiglie, creare alloggi assistiti per anziani ancora autosufficienti ma soli; in definitiva per una realtà come la Valle pensare in prospettiva alla CASA DELLA SALUTE, che comprenda la gestione di tutti queste forme di assistenza.
Significherebbe recuperare anche una funzione nuova per strutture sanitarie in disuso o sottoutilizzate.

Dico questo poiché penso che favorire il mantenimento nella propria abitazione e coi propri affetti produca anche un abbattimento di costi per le famiglie (le rette sono pesanti), comporti meno spesa pubblica e sia un volano di occupazione qualificata per molte persone.

Un ultimo inciso, non dimentichiamo le centinaia di collaboratrici familiari (badanti), che sarebbe opportuno mettere in rete, formare e indirizzare alle famiglie anche a orari flessibili.
Ormai e per fortuna fanno parte del sistema. Coordinate dagli enti locali o fondazioni sarebbe una garanzia di serietà e qualità per tutti.

Ernesto Cadenelli




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