14 Dicembre 2018, 06.33
Lettere

«Una biblioteca non è un magazzino/deposito di libri»

di Ernesto Cadenelli

«Seguo con molto interesse il dibattito apertosi attorno al futuro della biblioteca di Vobarno. Trovo gli interventi fin qui svolti, molto appropriati e ricchi di argomentazioni e mi auguro che ne seguano altri»


Che la società civile vobarnese si appassioni alla questione, di questi tempi, non è scontato.
Considero appropriati, pur non condividendoli a volte, i commenti pacati compreso l'intervento dell'assessore che, a nome della Giunta, ha argomentato le ragioni che indurrebbero allo spostamento dell'attuale biblioteca nel vecchio Palazzo comunale ristrutturato.

Condivido meno, anzi per niente, invece i commenti, spesso anonimi, di chi banalizza, sproloquia e manda in vacca (non quella grigia) il confronto.
Del resto al mondo l'ignoranza è tanta e purtroppo anche mal distribuita.

Poichè a Vobarno la maggioranza degli abitanti, per oltre un secolo, è cresciuta a latte e FALCK, ritengo utile ripercorrere velocemente la storia della nostra comunità dal punto di vista culturale e ricreativo: le radici contano, per sapere da dove arriviamo e dove possiamo andare.

Lo dico, poichè oggigiorno, sento spesso commenti “spanometrici” sulle cose malfatte da amministratori di 20, 30, 40 anni fa, come se fosse una quisquilia avere avuto in mezzo al paese uno stabilimento siderurgico che dava lavoro diretto e indotto a 2000 persone, e che oggi non c'è più.

Attorno allo stabilimento gravitavano anche attività culturali e ricreative che davano risposte alla sete di sapere, alla creatività di molti vobarnesi e ai desideri di socializzazione in diversi campi, cooperativistico, sportivo, fotografico, escursionistico.

Ne rammento alcuni: la sala di lettura, la scuola di pittura, gli amici della montagna e la cooperativa di consumo.
A questi si aggiunge encomiabilmente la ricca storia della banda musicale.
Questo a testimonianza che la vivacità culturale della nostra comunità ha radici profonde.
Anche la costruzione del Teatro Comunale, antico e sicuramente oggi inadeguato, testimonia la forte voglia di cultura della comunità.

Ma per tornare alla biblioteca
, essa prende forma in una stanza del Comune ed è gestita dall'indimenticabile maestro Cerqui, che volontariamente raccoglieva e prestava libri ai tanti che di soldi non ne avevano, ma di voglia di leggere tanta.
Poi fu la volta del Centro di lettura, gestito da un altto maestro “storico”, il maestro Giovanni Fabbri, nel salone delle scuole elementari.
Successivamente si sviluppa e trova sede nei locali della attuale farmacia comunale, soluzione migliore, ma con spazi decisamente ristretti.

Cessata la Ferriera, di fronte al progetto di recupero delle aree dismesse, prese corpo, grazie alla intuizione degli amministratori di allora, l'idea che il capannone più antico, data 1906, divenisse  memoria di archeologia industriale e potesse fondere la cultura del lavoro con la cultura “della mente”.

Per Vobarno è un binomio inscindibile che nessun amministratore né di oggi né di domani può scindere a cuor leggero senza aver sentito prima il parere dei cittadini.

Questo patrimonio non è disponibilità di nessun sindaco pro-tempore.
Nasce da questa storia la bella e ammirata biblioteca di Vobarno.
E se è stato possibile salvaguardarne la funzione e le attività anche negli anni più acuti della crisi economica, quando il Patto di Stabilità era davvero pesante, a maggior ragione si può fare anche oggi.

Si facciano le migliorie necessarie
, ma si sappia che la Biblioteca non è SEMPLICEMENTE UN MAGAZZINO DI LIBRI.
Essa offre una molteplicità di servizi spesso immateriali, ma che hanno un grande impatto e valore sulle persone, sopratutto ragazzi e giovani.
Dietro le simpatiche signore che accolgono gli utenti o al bibliotecaio (uno come il Gian dove lo troveremo ?), ci sta la ricca  proposta di attività culturali, di spazi teatrali, di educazione al senso civico, di dibattito a 360 gradi, di rapporto con le scuole, di mostre tematiche (e una volta anche di rassegna autunnale di pittura).

Per svolgere tutto ciò servono spazi dedicati e personale preparato.

Troncare questa realtà e inserirla in un palazzo di quattro piani, credo sia una morte annunciata per un patrimonio di inestimabile valore, oltre che la fine di un centro di aggregazione importante.
Ci fu già un ministro che teorizzò che “con la cultura non si mangia”. Il risultato di quella filosofia è sotto gli occhi di tutti: l'Italia si è impoverita di cervelli, di ricercatori e si ritrova oggi a competere con le ultime in classifica in Europa.
 
Questa “PERLA” si aggiungerebbe allo spostamento del Municipio (a proposito che fine ha fatto la promessa del trasloco temporaneo?), allo svuotamento delle scuole elementari, all'idea per fortuna tramontata di una centrale a biomasse davanti all'ingresso delle scuole medie.

Amministrare un comune non è come dirigere un'azienda, non esiste che c'è un Palazzo vuoto e bisogna riempirlo ad ogni costo perché non si vogliono riportare in centro-paese gli uffici comunali. Bisognava pensare gli obiettivi e le finalità, prima di fare.
 
Amministrare significa ascoltare e farsi carico
delle complicanze sociali e di rivitalizzazione di una comunità, che non si misurano solo in euro, ma anche in qualità dei servizi offerti.
Scuola e cultura sono tra i primi.

Ernesto Cadenelli




                        Cadenelli Ernesto



Vobarno 4 dicembre 2018


Commenti:
ID78823 - 14/12/2018 20:45:03 - (piccoli) - bibioteca

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ID78824 - 14/12/2018 20:50:18 - (ubaldo) - Grazie piccoli

Mi era rimasta una "L" nella tastiera e non me n'ero accorto.

ID78825 - 15/12/2018 06:48:27 - (piccoli) - Di nulla, cancella pure il mio post

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