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lunedì, 25 novembre 2024 Aggiornato alle 08:00Eco del Perlasca

Giornata contro la violenza sulle donne: 25 Novembre 2024

di Martina Fusi

La violenza è nascosta in bella vista, ciò che pare innocuo a volte non lo è...

Immaginati di svegliarti un mattino, andare al lavoro e mentre stai camminando vedere una persona che si avvicina a te. Ora immaginati che questa persona, più grande di te e più forte di te, faccia dei commenti sul tuo fisico, sul tuo abbigliamento, su ciò che gli piacerebbe farti... ti darebbe fastidio no?

Ecco, ora immagina che questa persona, per nessun apparente motivo, decida di prenderti con la forza, portarti in un luogo isolato, ovviamente senza il tuo consenso, e inizi a toccarti e a "giocare" con te. Ne saresti felice?

E ora, tu puoi immaginare, ma milioni di donne non immaginano: lo vivono. 

 

La violenza sulle donne è definita come la violenza perpetrata da un uomo a una donna. Già con questa definizione possiamo vedere occhi alzarsi al cielo, sguardi di disapprovazione, eppure il concetto è semplice: la violenza sulle donne è una violenza perpetrata da un uomo a una donna, proprio perché donna.

 

Tutti siamo contro la violenza, giusto? Eppure, quando si parla di stupro o molestie, emergono frasi come: 'Ma com’era vestita?', 'Lei lo ha provocato', 'Se l’è cercata.' Come possiamo combattere la violenza se continuiamo a colpevolizzare le vittime invece di concentrarci sui responsabili? Non è anche questa una forma di violenza? 

 

La violenza di genere ha una matrice culturale, uno dei grandi problemi è il patriarcato

Il patriarcato è un tipo di sistema sociale in cui vige il diritto paterno. Ossia il controllo esclusivo dell'autorità domestica, pubblica e politica da parte dei maschi più anziani del gruppo. Con l’avvento del femminismo questo termine ha assunto un significato più generico, andando ad indicare il dominio maschile in linea di massima.

 

Certo, ad oggi in Italia, così come in molti Paesi del mondo, la situazione è diversa, esistono leggi che vanno a discapito di questo sistema e che tutelano i diritti delle donne, ma come possiamo credere di aver completamente sradicato una mentalità che esiste dalla nascita della civiltà e che persiste in più luoghi di quanti abbiamo percezione?

Il patriarcato si rivede anche nei piccoli gesti, nelle piccole azioni, non solo nei casi estremi come quello del femminicidio.

 

Una donna che va a un colloquio di lavoro facilmente si sentirà chiedere se è sposata, se ha intenzione di metter su famiglia, seppur queste siano domande proibite secondo l'articolo 27 del Codice delle Pari Opportunità tra uomo e donna – Dlgs 198/2006. 

 

Questa condizione sociale non colpisce solo le femmine, è una piaga che influenza tutti. Molti uomini (senza fare di tutta l’erba un fascio) si disinteressano di questi argomenti nella convinzione che non li riguardino, la realtà è molto diversa. Ad esempio, un maschio non può mostrare le proprie emozioni, non deve comportarsi da “femminuccia”: il patriarcato non è solo un privilegio, ma anche una gabbia.

 

Persino il giornalismo non è escluso dal problema. Secondo l’articolo “La decostruzione del sessismo parte dalla comunicazione” (di cui consiglio la lettura), creato dalla comunità Scomodo: “Qualunque rivoluzione sociale ne presuppone un’altra: quella linguistica. Poiché il linguaggio ha il potere di rappresentare, se non addirittura reificare, la realtà, non può essere neutro: è proprio con le parole che una società manifesta tutti i pregiudizi di cui è intrisa. Questi ultimi sono presenti nella narrazione mediatica e giornalistica italiana, soprattutto se l’oggetto di dibattito sono le donne. Il mondo del giornalismo dimostra infatti di aver assorbito preconcetti fortemente “patriarcali”, che si palesano attraverso un linguaggio grottesco e discriminatorio, ed episodi di sessismo sistematici.”

 

Come espresso nell’articolo citato, quando si legge di casi di cronaca di femminicidi, violenze o abusi, è comune individuare una ricerca velata di un movente che possa aver portato l’uomo al compimento del delitto, concentrandosi sulla straordinarietà dell’accaduto.

 

Quando poi ci si sposta in ambito carriera, vita lavorativa e politica, i termini utilizzati nei confronti delle donne riportano a un ruolo di principiante o di madre e sono associati alla vita privata, come se l’unico vero merito di una donna fosse quello di essere madre.

 

Ma allora come possiamo combattere questa condizione? Come possiamo cambiare le cose?

Innanzitutto, è bene riconoscere l’esistenza di un problema, esaminarlo, informarsi, capirlo ed assimilarlo. In secondo luogo, ci si deve concentrare sull’educazione, sia dei più piccoli, sia degli adulti. Quanti di voi, cari lettori, sono convinti che femminismo significhi “superiorità della donna”? 

Il femminismo è un movimento che si batte per l’uguaglianza e deve essere distinto da quei gruppi “sessisti”, o meglio ancora “misandrici”, che cercano la sottomissione degli uomini.

 

In conclusione, affrontare la violenza sulle donne significa andare oltre le parole, smettere di cercare giustificazioni e iniziare a costruire una cultura basata sul rispetto, sull’educazione e sulla parità. È importante creare un clima in cui le violenze diventino rare e le vittime possano denunciare senza paura delle conseguenze. Ricordate, cari lettori e care lettrici, che siamo tutti parte del problema e che un giorno la vittima potrebbe essere nostra madre, nostra sorella, nostra figlia o potremmo essere noi. 

 

Numero antiviolenza e stalking: 1522


 

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