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martedì, 1 agosto 2023 Aggiornato alle 08:53Blog - Eppur si muove

Transumanesimo e intelligenza artificiale

di Leretico
Da qualche decennio esiste un movimento, nato negli Stati Uniti, che ha preso piede a poco a poco anche negli altri paesi occidentali. Il suo nome è vagamente inquietante

Questo movimento si chiama Transumanesimo.
Il termine fu utilizzato per la prima volta dal biologo e gentista Julian Huxley nel 1957, nel suo testo “In New Bottles for New Wine”.

Il movimento ha dichiarato sin dall’inizio sostenere la missione di “migliorare” la vita dell’essere umano attraverso l’utilizzo della tecnologia.
“Transumano” sarebbe un essere umano in transizione verso il “postumano”, ossia qualcuno con capacità fisiche, intellettuali e psicologiche “migliori” rispetto ad un “umano normale”.
Tutto da vedere in cosa consista l’umano “normale”.

Nella prima metà del Seicento, Cartesio aveva inaugurato lo psicologismo, ossia aveva diviso il mondo mettendo da una parte l’uomo come “res cogitans”, come ente pensante, ridotto quindi alle sue capacità razionali, dall’altra la natura, la “res extensa” in cui relegare tutti gli altri enti estesi, quindi misurabili, e tra questi anche il corpo dell’uomo, riducendolo quindi alle sue qualità meramente materiali.

Dalla rivoluzione razionalista così incominciata, si delineò una nuova figura umana, secondo due estremi che ancora ritroviamo attualmente: da un lato considerare il valore dell’uomo solo in quanto essere razionale, svalutando quindi ogni sua parte emotiva; dall’altro considerare l’essere umano come cosa tra le cose, come corpo meccanico e materiale, migliorabile solo attraverso interventi meccanici, appunto, e materiali.

Nello sviluppo di questa seconda corrente non si può negare l’influenza delle filosofie pragmatiste e utilitariste come quelle di Jeremy Bentham e di John Stuart Mill, di Charles Sanders Peirce e William James.
Tutte filosofie di origine anglosassone.

Su questa seconda via di sviluppo si colloca il Transumanesimo, caratterizzandosi come “filosofia” altamente fiduciosa nelle possibilità della scienza, tuttavia improntata drammaticamente alla riduzione della natura umana a pura materia; alla restrizione della definizione di mente umana a mera congerie di connessioni neuronali.

Per il Transumanesimo il miglioramento dell’essere umano può essere ottenuto solo attraverso il miglioramento del corpo, intendendo il cervello come parte di esso e intendendo la mente come semplice epifenomeno.

Per il Transumanesimo l'uomo si riduce alla sua meccanica organizzazione biologica, nessun finalismo metafisico, nessuna anima, nessuna trascendenza, tanto che se al momento del concepimento egli presentasse difetti genetici, quindi difetti meccanici materiali, dovrebbe essere eliminato.
I transumanisti, infatti, non hanno alcun timore a dichiararsi a favore dell’eugenetica embrionale e prenatale.

Mancano tracce in questo movimento di tutta la cultura filosofica classica, nessun approfondimento di Aristotele o di Tommaso, considerati non attinenti se non inutili. La trascendenza o la metafisica sono orpelli senza senso, perché rivolti unicamente alla contemplazione, slegati dal miglioramento materiale a cui invece transumanesimo e postumanesimo tendono.

Dal febbraio del 2023 è in corso una profonda discussione, intorno all'intelligenza artificiale, scatenata dall’introduzione presso il grande pubblico del software “ChatGPT”, sviluppato da OpeaAi (Microsoft).
L’intelligenza artificiale è uno dei pilastri indicati dal Transumanesimo per il miglioramento dell’essere umano. Forse proprio il 2023 sarà ricordato negli anni futuri come il momento di svolta, il punto di singolarità, oltre il quale non è stato più possibile fare ritorno.

Finora le paure che i robot, e l'intelligenza ad essi associata, potessero prendere il sopravvento sull'essere umano sono sempre state sedate con l’idea molto semplice che ci fosse qualcuno in grado, in qualsiasi momento, di staccare la spina, spegnendo letteralmente la macchina, intendendo questo “qualcuno” come essere umano.

Purtroppo, questa sicurezza è ormai diventata pura illusione.

Effettivamente dalla seconda generazione in poi, gli algoritmi della cosiddetta intelligenza artificiale non sono più “artificiali”, ossia prodotti da una mente umana, ma sono prodotti dagli algoritmi stessi, i quali hanno imparato a produrre sé stessi.
Yuval Noah Harari, storico e filosofo israeliano già autore di “Home Deus”, li definisce algoritmi di intelligenza “aliena”. Aliena dall'essere umano, qualcosa che va al di là dell'umano che finora abbiamo conosciuto.

Il passaggio epocale a cui abbiamo assistito in questi mesi è molto sottile, quasi impercettibile, ma foriero di grandi cambiamenti. Non si tratta più di uno sviluppo lineare in cui l’uomo domina una tecnica e produce qualcosa di pratico e prevedibile, ma siamo di fronte alla Tecnica in grado di ricreare sé stessa dinamicamente, secondo scopi non diretti dall’esterno, ma generati al suo interno e sotto il suo controllo.
Più semplicemente con scopi potenzialmente fuori dal controllo dell’essere umano.

Siamo di fronte a software in grado di migliorare sé stessi rispetto all'ambiente in cui sono inseriti in modo esponenziale e senza i limiti tipici dell’essere umano.
Si pensi solo al passaggio della conoscenza che da un essere umano all’altro implica anni di scuola mentre nelle macchine che fanno uso dell’intelligenza artificiale potrebbe durare solo qualche secondo di trasferimento dati.

La trasformazione avvenuta in questi mesi, l’evoluzione radicale e drammatica per certi versi a cui stiamo assistendo, è legata al fatto che l’intelligenza artificiale (o aliena) è in grado di manipolare il linguaggio, e attraverso questo strumento è in grado di creare, da sola, nuove idee, nuove immagini, nuove parole per descrivere il mondo, nuove religioni: un nuovo weltanschauung.
Lo strumento più potente mai esistito, in grado di dare forma alle speranze e agli scopi ultimi, intimi dell’uomo.

Il potere di generare una nuova etica, una nuova morale perché possiede la capacità linguistica e la capacità materiale di diffondere lo storytelling necessario allo scopo.

Le democrazie si sentono minacciate da questa evoluzione tecnologica, perché tutta la loro essenza è basata sulla condivisione delle informazioni e quindi sul linguaggio. La minaccia è seria perché paradossalmente questa intelligenza artificiale aliena potrebbe aumentare la potenza delle dittature, capaci di cogliere prima e meglio i frutti della gestione politica di tali strumenti.

Forse si preparano anni molto difficili per la libertà, che spero saremo in grado di non barattare con i vantaggi che l’intelligenza artificiale sembra promettere.
Senza dubbio abbiamo bisogno di strumenti efficaci per comprendere cosa sta perturbando i nostri orizzonti, non ultima la nostra millenaria tradizione filosofica.

Leretico


 

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