Teologia del tasso?
Se vivessimo nel Medioevo, avrei tranquillamente utilizzato un’altra parola al posto di “tasso”. Ma, ahimè, vivo nella società dei consumi, quella in cui bisogna essere più garbati che veritieri. Perciò, mi adeguo...
Immagino tutti ricordiamo la pubblicità con Elio de Le storie Tese in cui ci sono le espressioni “Senza fare un tasso” o “Fa quel che tasso vuoi”, ecc... Che cosa c’entra la Teologia con questa pubblicità? Ad uno sguardo superficiale proprio nulla. Tuttavia, uno sguardo attento alle modalità di produzione del sapere proprie della nostra epoca, potrebbe scorgere un parallelo: come l’Economia, anche la Teologia sembra aver bisogno oggi di garbata pubblicità, visto che, a quanto pare, non se la fila più nessuno, o pochi.
Il che, potrebbe anche essere meglio.
Molto spesso, le pubblicità sono ingannevoli. Meno male che alcune conoscenze teologiche sono ignorate! Soprattutto oggigiorno. Faccio solo un esempio. Vi cito un passo di una recente opera teologica di cui sono venuto a conoscenza.
In essa ho trovato scritto: «Normalmente la donna, più dell’uomo, trova il sesso senza amore molto insoddisfacente e ha bisogno di condizioni adeguate per sentirsi eccitata sessualmente. È meno attratta degli uomini dal guardare immagini con scene sessuali violente, immagini di orge, eccetera. Ma questo non significa che la pornografia forte la ecciti meno, bensì che, pur piacendole, le dà meno valore e, in alcuni casi, ne ha paura. Le piacciono di più le carezze e i baci, e ha bisogno che l’uomo giochi un po’ prima di penetrarla. Ma lui, in breve, è più interessato alla vagina che al clitoride. Al momento dell’orgasmo, lui emette spesso grugniti aggressivi; lei emette un balbettio infantile o sospira».
Non sono interessato tanto a chi ha scritto queste parole, sebbene non sia un Panco Pinco qualunque. Né intendo fare il moralista, perché questa è una filosoficheria: il suo scopo è far pensare sorridendo.
Certo, chi non fosse interessato alla Teologia, magari di fronte a queste parole potrebbe cambiare idea riguardo alla disciplina. Gli entusiasti potrebbero addirittura esclamare: «Oh! Finalmente! La Chiesa ce l’ha fatta a liberarsi del tabù sul sesso».
In realtà, il fatto che nella storia della Chiesa si sia accompagnato un sospetto sull’esercizio pornografico della sessualità, non ha impedito, anche in tempi meno recenti, di mostrarsi interessata alle prassi sessuali che suonavano depravate. Per darne ragione, vorrei ricordare quanto il filosofo Friedrich Nietzsche afferma su Lutero nella sua opera “L’anticristo”.
Per Nietzsche il Rinascimento italiano stava per sconfiggere il Cristianesimo proprio a Roma.
E come lo stava sconfiggendo? Portando lo spirito dionisiaco e pagano proprio sulla Cattedra di san Pietro. I papi depravati nei costumi di quell’epoca, sono per Nietzsche una meraviglia, emblema del fatto che la vita è rifiorita in tutta la sua magnificenza, al di là del risentimento moralista dei gerarchi.
Tale rifioritura durò almeno fino a quando - scrive il pensatore - «Un monaco tedesco, Lutero, giunse a Roma. Questo monaco, con tutti gli istinti vendicativi di un sacerdote malriuscito, a Roma si ribellò contro il Rinascimento... Invece di cogliere con profonda gratitudine l'evento grandioso che si stava verificando, il Cristianesimo vinto nella sua stessa sede, da tale spettacolo attinse solo nutrimento per il suo odio».
Secondo Nietzsche, Lutero, al posto di esultare per ciò che stava succedendo alla sua Chiesa, l’ha spaccata in due. È da notare che, per poter condannare Lutero, Nietzsche doveva possedere una conoscenza su ciò che la Chiesa del suo tempo insegnava. In altre parole, doveva conoscere la dottrina ufficiale della Chiesa sulla morale sessuale.
Altrimenti, non avrebbe potuto, prendersela con Lutero. D’altro canto, anche Lutero, per esercitare il suo moralismo polemico, doveva possedere la stessa dottrina. La sua indignazione, altrimenti, non si comprenderebbe. Nonostante i due fossero discordi nei giudizi, erano in sintonia sulla dottrina della Chiesa.
Rispetto a questa vicenda, vorrei far notare solo un aspetto: un conto è ciò che si insegna; altro è ciò che si partica. Questa distinzione fra il retto insegnare e il non retto agire la si ritrova anche in una novella del “Decamerone” del Boccaccio, quella dedicata ad Abraam il giudeo.
La ricordo per sommi capi. Abraam intende convertirsi al Cristianesimo. Confida questo suo desiderio all’amico Giangiotto, dicendogli anche di voler andare a Roma per verificare se vale la pena convertirsi.
Giangiotto cerca di dissuadere l’amico Abraam.
Lo supplica di non fare quel viaggio. Egli temeva che sarebbe stata un’esperienza scandalosa.
La Chiesa di Roma era piena di tutte le nefandezze e dei peggiori peccati di cui l’uomo è capace. Abraam non lo ascolta. Va a Roma, fa esperienza e ritorna convinto di farsi battezzare.
Alla domanda di Giangiotto sul perché di questa sua scelta, Abraam risponde che la fede cattolica deve essere per forza quella vera. Infatti, se resiste e si diffonde nonostante tutte le depravazioni del Papa, dei vescovi e dei fedeli, tale fede deve per forza venire da Dio.
Quali insegnamenti si possono trarre, dunque, da Nietzsche, Lutero e Boccaccio, rispetto alle parole del teologo del sesso?
Direi due.
Per prima cosa, se i nuovi teologi, gli ecclesiastici e i fedeli cattolici commettono peccati di ordine sessuale (in pensieri, parole e opere... le omissioni in questo caso non si capisce come possano esistere), anche a loro vada la misericordia di Dio, nella speranza che si convertano.
Secondariamente, se, invece, intendono promuovere la Teologia, accostandola alla pornografia, sappiano almeno che questa operazione culturale potrebbe portare le persone non a ritornare a Cristo in seno alla Chiesa, ma a concludere che il loro teologare potrebbe non contare davvero un “tasso”.