Il girovago vincente
Uno dei miei ricordi sportivi d’infanzia preferiti portava i capelli neri ingellati, il pizzetto (molto in voga al tempo) e finiva spesso nel tabellino dei marcatori
Ho ancora impressa nella mente l’incornata, con la quale dopo pochi minuti superò Bernard Lama al Parco dei Principi, nella finale di Supercoppa Europea tra Psg e Juve. I bianconeri in emergenza e pieni di riserve, vinsero 6a1 (provate a immaginare di che riserve disponessero), Michele Padovano.
Dal natìo Piemonte alla Calabria per diventare grande, lì il tirocinio cosentino lo condusse dalla C alla A in poche stagioni. Nella massima serie, un altro tirocinio tra i grandi lo condusse al ritorno in Piemonte, stavolta però per vestire il bianconero più ambito.
Michele Padovano è stato il prototipo del vero attaccante di provincia, uno di quelli che tengono sempre alto il blasone delle squadre dove militano, rendendole temibili e difficili da affrontare su ogni campo.
Pisa, Napoli, Genoa e Reggiana le piazze dove gioca e segna, prima della grande occasione della carriera, lì in quella Juve dove vince lo scudetto e tutti i trofei internazionali possibili.
Acquistato per fare da riserva, finisce col giocare parecchio dall’inizio, dati i continui forfait dei titolari. Anche qui segna e dà un importante contributo per il conseguimento delle vittorie dell’era lippiana, sia in campionato che in Europa.
È così che superati i trent’anni, arriva anche la chiamata in Nazionale; ironia della sorte, sarà proprio lì che un brutto quanto banale infortunio lo condizionerà per gli anni a venire.
Dopo i bianconeri tenterà senza fortuna la doppia esperienza estera, tra Premier (Crystal Palace) e Francia (Metz) per poi chiudere al Como una carriera da girovago vincente.
Se penso a Padovano, mi viene in mente un calcio intriso di un romanticismo quasi estinto; qualunque fosse il suo partner d’attacco o la maglia indossata, giocava al massimo, dando l’anima, mettendoci grinta, fisico e quant’altro avesse in corpo.
Niente foto, rotocalchi e gossip da quattro soldi, nonostante la bella presenza.
Solo campo, duelli aerei, lotte all’ultimo respiro coi diretti marcatori e gol, soprattutto decisivi.