Venerdì, 31 gennaio 2025


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giovedì, 30 gennaio 2025 Aggiornato alle 08:00Il ricordo

«Non vi dimenticheremo. Mai»

di John Comini

Riportiamo l’orazione ufficiale pronunciata da John Comini durante la commemorazione dell’80° anniversario del bombardamento di Gavardo

 

Ad Auschwitz c’era la neve. C’era la neve nella steppa russa, dove i nostri alpini camminavano a 40 gradi sotto zero. C’era la neve sui monti ventosi, dove combattevano i partigiani, ribelli per amore. E c’era la neve a Gavardo, dove quel lunedì la gente aveva appena finito un pranzo frugale nelle case o nelle fabbriche. 

 

E ognuno in cuor suo pensava: “Quando finirà la guerra? Quando torneranno a casa i nostri giovani? Quando tornerà la primavera?” Ogni giorno nel cielo passavano centinaia di aerei alleati che andavano a bombardare la Germania. 

 

I bambini col naso all’in su li guardavano volare, e poi continuavano i loro giochi. Perché anche se c’è la guerra i bambini riescono a giocare, da soli o con gli amici, perché il gioco per i bambini è la vita. E una mamma guardava con amore la piccola neonata di 18 giorni.

 

Ma poi, alle ore 13.29…Le bombe! Le bombe! Il terrore. Il panico. Gente che urla, corre, scappa. E poi la polvere. E l’orrore, la visione dei corpi sotto le macerie. 

In pochi attimi si è decisa la morte di donne, uomini, bambini: cessano di vivere in pochi istanti, strappati alla vita in modo orribile. 

 

Il destino, la fatalità, il caso, decidono la morte ma anche la vita di ogni persona. Come quella mamma, morta sotto la casa crollata, che stringe a sé le due figlie che verranno estratte vive dalle macerie. 

 

I sopravvissuti ricorderanno per sempre di essere scampati alla morte per un soffio, magari per qualche secondo o perché -come una bambina che camminava sul ponte -portata via a braccia da uno grande. E poi i feriti, con lo choc che li accompagnerà per sempre. E i giovani, che erano nel pieno della vita, e si sentivano quasi immortali, perché a quell’età si pensa che tutto duri in eterno. 

 

Come si fa a non piangere? Come trovare un senso a tutto questo dolore? Gli alleati in guerra contro il nazifascismo volevano colpire il ponte. Ma la guerra è una cosa orribile, e sempre, sempre ci sono vittime innocenti. Fra le lacrime ci fu subito gente che aiutava, che cercava di salvare, che portava i feriti in ospedale.

 

Subito accorse da Salò Monsignor Luigi Ferretti, lui, dalla figura esile ma dalla grande forza morale, che ai funerali pronunciò una struggente omelia:

«Non ci sono parole capaci di rendere lo strazio delle famiglie più duramente colpite; e ancora meno possono bastare parole d’uomo a consolare tanto dolore. Queste bare, che racchiudono le salme di tanti gavardesi affratellati da morte violenta, non devono scendere nella tomba prima che noi sopra di loro abbiamo fatto un sacro giuramento di onorare per sempre la loro memoria nella maniera più degna: “amarci, amarci, amarci come veri fratelli.”».

 

E Gavardo non ha mai dimenticato. Mai. E ci sono i testimoni, preziosi custodi della memoria, che raccontano ai giovani di oggi quei fatti che paiono lontanissimi. Dicono che il tempo porti via la memoria, che le commemorazioni siano ormai inutili, riti che si trascinano stancamente. Ma come si fa a dimenticare? Non si può dimenticare, non si può dimenticare... 

 

E allora ogni 29 gennaio, al suono delle campane, ci si ferma, si fa silenzio per qualche istante, si prega o si manda un pensiero a quelle vittime, alle donne, agli uomini, ai bambini, che ora sono di certo in Paradiso…

 

E pare che dicano:

“Non ce ne siamo andati per sempre, nessuno se ne va per sempre.

Siamo rimasti un po’ nel sole di mezzogiorno, nella corrente del fiume,

nelle strade ardenti dell’estate, nelle notti tristi dell’autunno. 

Siamo rimasti un po’ nell’aria e un po’ nella terra, siamo rimasti nel soffio del vento. 

Un po’ siamo rimasti in ognuno di coloro che abbiamo lasciato.”

 

Perché tutti quelli che se ne vanno ci lasciano sempre un po’ di sé. È questo il segreto della memoria: nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta. 

 

Quel 29 gennaio di 80 anni fa, nella chiesetta dei Disciplini che era qui accanto vennero pietosamente posti i corpi delle povere vittime, vegliate dalla statua della Madonna che era rimasta miracolosamente intatta. E la gente pregava: Regina Pacis, Regina Pacis, Regina Pacis.

 

E ognuno nel proprio cuore pensa, 80 anni fa come oggi: mai più guerre, mai più.

È come se le vittime ci chiedessero di diventare migliori, meno superficiali e più buoni. E pare che ci dicano, nel vento e nella neve: “Coraggio, sono ancora tempi difficili, ci sono ancora vittime innocenti, case distrutte dalle bombe in molti luoghi del mondo. Sempre nella storia ci sono giorni bui, e a volte sembra che l’oscurità stia vincendo: ma grazie alle persone buone, a chi non è indifferente, la luce non smette mai di brillare. E voi non perdete mai la speranza in un mondo migliore. Mai.”

 

Ogni persona che è rimasta sotto le macerie ha una storia, ed ha il diritto di essere ricordata. Perché Gavardo non dimenticherà mai. No: care donne, cari uomini, cari bambini, non vi dimenticheremo. Mai.


 

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