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mercoledì, 5 giugno 2024 Aggiornato alle 10:05Blog - Glocal

Ritorno a Francoforte

di Valerio Corradi

La Scuola di Francoforte sta riscuotendo nuovo interesse per la centralità delle riflessioni sui limiti del capitalismo, sulle patologie sociali e sulle odierne forme di conflitto. Il contributo di Hartmut Rosa

Si sta registrando una forte ripresa di interesse per la Scuola di Francoforte come evidenzia la diffusione di molti saggi volti ad attualizzare il pensiero delle figure di spicco (Horkheimer, Adorno, Marcuse, Fromm, Benjamin) che animarono questa eterogenea corrente scientifica e culturale a partire dagli anni Venti e Trenta del Novecento. 

 

Altrettanto significativi sono gli aggiornamenti del pensiero di autori come Jürgen Habermas e Axel Honneth, protagonisti del dibattito politico-culturale della seconda parte del XX secolo, che sono stati capaci di riformulare la teoria critica introducendo nuove categorie (agire comunicativo, riconoscimento), assecondando l’esigenza di un pensiero sociale critico capace di andare oltre la rivisitazione del marxismo e della psicoanalisi per costruire coerenti chiavi di lettura della modernità. 

 

Tra i molti saggi che ricostruiscono la genesi e i tratti portanti della Scuola di Francoforte e che si addentrano nelle successive riformulazioni della teoria critica si segnalano: “Ritorno a Francoforte: le avventure della nuova teoria critica” (2020) di Giorgio Fazio, “Critica e utopia: da Kant a Francoforte” (2023) di Roberto Mordacci, “Scuola di Francoforte. Storia e attualità” (2023) di Stefano Petrucciani. Oggi, a più di un secolo dalla fondazione dell’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte (1923), si registra la presenza attiva di una nuova generazione di studiosi la cui lettura può essere utile per decifrare alcuni fenomeni che caratterizzano il nostro tempo. 

 

Autori come Hartmut Rosa e Rahel Jaeggi stanno promuovendo un intenso programma di ricerca nel quale tornano ad essere rimesse al centro, seppure con originali declinazioni, le riflessioni sui limiti del capitalismo, l’analisi delle cause e delle manifestazioni delle patologie sociali e gli studi sulle odierne forme di conflitto. 

 

Ė indubbio che su questo nuovo orientamento della teoria critica pesino, da una parte, la necessità di superare i pregressi e ormai inattuali quadri teorici alla luce dell’intervenuta condizione di crisi multipla che investe la politica, l’ambiente, il sociale e l’economia e dall’altra parte l'esigenza di fare i conti con le forti ricadute della diffusione di modelli socioeconomici dal carattere individualista e competitivo che stanno producendo l’arretramento dei sistemi di welfare, la comparsa di vecchie e nuove disuguaglianze, la crescente mercificazione delle diverse sfere della vita e la diffusione di tecnologie disumanizzanti. Un aspetto che ricollega direttamente gli attuali teorici critici alla prima generazione della Scuola di Francoforte è l’interesse per il complesso retroterra socioculturale (fatto di bisogni, frustrazioni e disagi) nel quale trova origine il consenso per le posizioni politiche incentrate su nativismo, nazionalismo, etnocentrismo e sovranismo. 

 

Aspetti, questi ultimi, nei quali riecheggiano gli studi dei primi francofortesi che nei primi decenni del Novecento osservarono (pagando un prezzo in prima persona con la soppressione dell’Istituto di ricerca nel 1933 e con l’esilio a seguito dell’ascesa di Hitler) la confluenza verso movimenti politici reazionari e nazi-fascisti del diffuso malessere originato dalla destabilizzazione delle condizioni economiche e sociali. 

 

Un originale approccio alle questioni del nostro tempo è proposto dal sociologo Hartmut Rosa, considerato uno dei maggiori esponenti dell’ultima generazione francofortese, già noto in Italia per il notevole studio “Accelerazione e alienazione” (2015) e per il libro-conversazione “Pedagogia della risonanza” pubblicato da Scholé (Brescia, 2020). A inizio del 2024, l’editrice Queriniana di Brescia ha reso disponibile in italiano il volume “Indisponibilità. All’origine della risonanza” nel quale Rosa si sofferma sul rapporto moderno con il mondo; un rapporto intriso di aggressività e di strumentalità, basato sull’idea (rinforzata dalla scienza e dalla tecnica) di un mondo sempre disponibile, calcolabile e manipolabile. 

 

Per uscire da questo scenario di “policrisi” Rosa ravvisa la necessità di ricostruire, sul piano individuale e su quello sociale, relazioni “risonanti” basate su un atteggiamento di attenzione e di cura verso gli altri e l’ambiente naturale. Si tratta di ritrovare quelle vibrazioni sincroniche, accantonate dalla modernità razionalista, che paradossalmente sono rese possibili dalla consapevolezza che il mondo è per larga parte indisponibile e quindi, anche per questo, dotato di una significatività che va oltre la strumentalità.

 

(tratto dal Giornale di Brescia)


 

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