Venerdì, 18 ottobre 2024


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lunedì, 14 ottobre 2024 Aggiornato alle 07:00Commemorazione

«Libertà e giustizia: doni che abbiamo il dovere civile, morale e politico di custodire»

di Mattia Petrogalli

Questa l’orazione ufficiale letta dal prof. Mattia Petrogalli alla commemorazione dei partigiani delle Fiamme Verdi a Barbaine

Ciò che ci porta ad essere qui in gran numero questa mattina è il ricordo di una pagina molto dolorosa della storia del nostro territorio. Una storia che abbiamo in comune, in verità, con quasi tutta l’Europa e non troppo diversa dalle tragedie che altri popoli hanno vissuto nel passato o vivono tutt’ora.

 

È una constatazione amara, ma da quando esiste l’uomo la guerra è una dolorosa compagna che ancora oggi ci divide, e contraddice ogni nostra speranza di costruire un futuro più giusto per tutti.

 

Oggi, però, non siamo qui per il dolore. Certo, stiamo commemorando persone uccise per le loro idee e la loro disobbedienza. Assassinate da un regime totalitario che per vent’anni ha stretto il nostro Paese nella sua morsa.

 

Un regime fondato sul potere del più forte come unica legge. Una società dove più sei in alto nella gerarchia, più puoi permetterti di fare ciò che vuoi, al di là di qualunque regola o limite. Sarebbe sbagliato, ovviamente, ridurre il fascismo solo a questo. Tuttavia, nella sua terribile e ridicola tragicità, è stato anche la legittimazione politica di banali sentimenti di egoismo e questo, forse, ci può aiutare ad avere più chiaro cosa volesse dire vivere sotto un ordinamento statale dove nessuno poteva dirsi al sicuro dai soprusi e dalle violenze del più forte.

 

Infatti, se questo ci sembra familiare o ci fa venire in mente situazioni vissute in prima persona è normale: è ciò che sperimentiamo in noi e attorno a noi ogni volta che il vantaggio e il tornaconto personali vengono messi davanti al bene comune, senza distinguo, senza limiti e senza remore.

 

Ma questa è solo una parte di . Il resto è fatto di sentimenti ben più grandi, come la condivisione, e tante altre bellissime cose che ci rendono davvero forti e liberi.

 

I giovani che commemoriamo oggi ci hanno testimoniato proprio questi sentimenti, così naturali nei confronti dei nostri cari. E ci hanno mostrato come essi possano essere estesi a tutti, alla collettività, alla comunità. Quando è così, cercare la propria felicità e realizzazione passa inevitabilmente dal lottare per la libertà di tutti.

 

Questo è ciò che celebriamo oggi: la forza, la tenacia e la voglia di creare un mondo migliore, più giusto, anche quando attorno a noi tutto sembra andare nella direzione opposta.

 

In questi anni parlare della Resistenza sembra essere diventato divisivo. Per ampi settori del nostro Paese non è così scontato quale fosse la parte giusta durante la Guerra Civile del 43-45.

 

Da dove viene questa difficoltà a fare pace con la propria storia e a prendere la distanza dai crimini compiuti da una dittatura? Gli storici hanno ipotizzato sia dovuta ad una confusione tra la storia stessa e la memoria, tra il piano collettivo e quello intimo e personale.

 

Ci sono molte responsabilità dietro questa confusione. Innanzi tutto, la politica, che non è stata in grado, nel dopoguerra, di scrollarsi di dosso del tutto l’esperienza del Ventennio.

 

Ma una parte di responsabilità l'ha avuta sia chi non è stato in grado di trovare il coraggio di andare oltre le proprie memorie e i propri racconti familiari sia noi, che, spesso, abbiamo commesso l’errore di non tenere conto che la storia può stritolare vite e destino, mettendo tutto in contraddizione. Insomma, abbiamo forse giudicato con troppa disinvoltura le azioni e le decisioni dei nostri padri e dei nostri nonni, senza considerare che la scelta, per chi ha vissuto quei fatti, non è stata facile come può esserlo per noi oggi.

 

Come possiamo uscire da questa confusione? Come possiamo trovare, finalmente, pacificazione e giustizia?

 

Quello che dovremmo fare è sottrarci allo scontro tra “favorevoli” e i “contrari”, una discussione spesso violenta che, come sappiamo bene, non ha mai fatto cambiare idea a nessuno. Anzi, anche questa irriducibilità delle posizioni ha contribuito al rigurgito revisionista che oggi sembra voler fare piazza pulita dei valori della nostra Repubblica e della tradizione democratica.

 

Dobbiamo tornare a noi, ad oggi, al presente: riscoprire il senso di celebrare giornate come questa. E questo senso non è dato dall’eroismo, dal sangue, dal dipingere questi ragazzi come eroi inscalfibili: è dato dalla loro dedizione alla causa della libertà di tutti. E dobbiamo anche chiederci come noi, nel presente, possiamo continuare questa ricerca. Questo è un bel punto di partenza. Anche tra noi, qui, oggi, ci sono mille cose che potrebbero farci litigare, anche aspramente, in maniera forse irrimediabile: L’Ucraina, Israele e Gaza, la NATO, e tanto altro.

 

Ecco, oggi resistere è anche questo: lo sforzo quotidiano di un dibattito e, perché no, a volte di uno scontro, informato, rispettoso e che non abbia come scopo l’annientamento dell’avversario e dell’opinione altrui.

 

Non è questione di rinunciare alle proprie idee: il fatto è che l’educazione, il dialogo e la preparazione sono gli unici strumenti che abbiamo a disposizione per non perdere questa libertà e questa giustizia che ragazzi come coloro che ricordiamo oggi hanno saputo costruire con il sacrificio. Ci sono state date in dono e abbiamo il dovere civile, morale e politico di custodirle.

 

Grazie.


 

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