Domenica, 8 settembre 2024


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venerdì, 7 giugno 2024 Aggiornato alle 08:21Blog - Genitori & Figli

I figli del femminicidio: due volte orfani

di Pino Maiolo

Giada 33 anni, un figlio di 3 e un compagno che la scaraventa da un cavalcavia dell’autostrada

 

L’orrore nel femminicidio è una costante, si ripete ogni volta come ogni volta c’è la meraviglia di parenti, amici e vicini che non hanno visto né si sono accorti di una tragedia solitamente annunciata da tempo.

 

Quello che cambia invece sono i luoghi, le stanze o i ponti, teatro delle tragedie e scenari macabri dell’assassinio, mentre per ogni donna uccisa ci sono maschi “normali”, apparentemente amorevoli, o padri preoccupati dei figli che però, per depistare la verità, si inventano alibi e raptus impossibili o improbabili vuoti di memoria. 

 

Quasi sempre poi, dietro questi orrori ci sono figli testimoni silenziosi per anni di un male lungo, annidato nelle stanze familiari dove invece dell’amore ci stava l’abuso e il sopruso. 

Di loro, vittime al pari delle loro madri uccise, al momento della tragedia si sa poco o nulla. Stanno sullo sfondo e rimangono fantasmi cui andranno briciole di attenzione e qualche riga di cronaca. Ma anche questa è storia comune che però, secondo alcune ricerche, interessa quasi 2000 casi accumulati in 15 anni, come denunciava la psicologa e criminologa Anna Costanza Baldry nel libro “Orfani speciali” (Franco Angeli, nuova edizione 2024).

 

Sono infanti, bambini o adolescenti senza una fisionomia precisa che d’un colpo diventano “orfani” due volte.  

A volte testimoni oculari del massacro, quei figli sanno tutto della furia omicida di un padre che per anni ha fatto respirare loro rabbia e odio nascosto in una relazione violenta di parole e ricolma di quotidiane offese. 

 

Serve chiedersi: con la tragedia dove finiscono i figli del femminicidio? Quale destino li attende? Di solito se ne sa poco, anzi niente. 

Rimangono soli e abbandonati a se stessi in uno scenario di rovine affettive, spesso tenuto insieme da menzogne sull’accaduto che, si pensa, possano aiutarli. E anche quando hanno visto tutto perché presenti alla furia omicida, vengono imbrogliati. 

Loro doppiamente orfani di una madre uccisa e di un padre incarcerato o in qualche caso suicida, sono vittime di un trauma immenso che ha bisogno di cure specifiche, non solo dell’umana pietà! 

A malapena trovano una famiglia conosciuta o meno in grado di accoglierli e servizi armati di buona volontà ma con operatori non sempre attrezzati ad affrontare i postumi di una tragedia infinita.

 

Per anni, lavorando negli immediati dintorni della violenza sui minori ne ho incontrati anch’io di questi orfani, svuotati del presente e privati del futuro, dimenticati oppure invisibili, senza più riferimenti affettivi cui potersi aggrappare. 

Travolti da un dolore indicibile per un trauma complesso che sconfina in una sofferenza cronica, cercano di sopravvivere come possono alla violenza familiare e all’assassinio di un genitore da parte dell’altro. 

 

Figli senza voce, quelli del femminicidio, condannati a crescere senza diritti e senza qualcuno che li aiuti a sanare il male ricevuto. 

Più ancora, feriti e dimenticati.

 

Giuseppe Maiolo

psicoanalista

Università di Trento

Docente di psicologia delle età della vita

www.iovivobene.it 

 


 

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