Se il Tevere nasce al nord...
C’è stato un periodo della mia vita che amo definire “i miei anni romani”. Si riferisce a quando, tra il 1987 e il 1990, ho vissuto a Roma e lì ho studiato e nello stesso tempo lavorato...
Spesso mi capitava di passeggiare in riva al Tevere, il “biondo Tevere”, talvolta chiedendomi se quell’appellativo non gli derivasse dal suo colore giallognolo, mentre, placido, accarezzava le sponde della Città Eterna.
Quante volte mi sono affacciato ai parapetti dei suoi ponti, e quante sere ho guardato quelle lente acque che silenziose scorrevano fredde nell’inverno romano!
Era il Tevere! Il fiume della gloria di Roma, il fiume dalle mille larghe anse umbre e laziali che incrociavo sfrecciando sull’autostrada.
Eppure, chi avrebbe mai pensato che quello che per antonomasia è il fiume-emblema dell’Italia Centrale, avesse la sua fonte al nord, in terra romagnola e precisamente sul monte Fumaiolo, in provincia di Forlì-Cesena?
Così, in un caldissimo pomeriggio di luglio di dieci anni fa, sono salito a Verghereto, sui monti della Romagna, seguendo le indicazioni per le sorgenti del Tevere, che nasce lassù.
Ci nasce davvero o ce lo ha fatto nascere – come si racconta – Benito Mussolini, forlivese di nascita, che avrebbe voluto la fonte del fiume glorioso proprio in casa sua? Chissà!
Giunto a Verghereto, seguendo le indicazioni, la strada, tutta tornanti, comincia ad inerpicarsi per almeno 6-7 chilometri, fino a una bellissima pineta attrezzata. Presso uno degli ultimi tornanti, guardo verso l’alto dove su un grande masso spicca una targa inneggiante alla leggenda romagnola, Marco Pantani, che su queste strade si allenava in vista delle gare più prestigiose.
Siamo a 1268 metri di altitudine, poco sotto la vetta del Fumaiolo. La pineta è quasi un’oasi di ristoro dalla canicola di questi giorni roventi. Un comodo sentiero completamente ombreggiato, inoltrandosi tra i pini, serpeggia per quasi un chilometro fino a una verde esedra, che il fogliame dei faggi non solo circonda, ma quasi ricopre, e dove si avverte – unico, dolce rumore – lo scosciare di una cascatella che sgorga dalla roccia. Quello zampillo fresco e limpido, che sgorga gioviale, è la genesi del grande fiume, nel quale si specchiano i ponti e i palazzi di Roma.
Mi bagno le mani nell’acqua del Tevere, che qui posso toccare senza paura dell’inquinamento, con la quale posso rinfrescarmi il viso…che posso addirittura bere!
L’acqua nascente scorre in un canaletto appositamente creato per direzionarla ad una vasca al centro della quale si erge una stele sovrastata da un’aquila imperiale in bronzo e ornata da altri emblemi romani. Dalla vasca, l’acqua poi fuoriesce, volta a oriente, e, con un leggero salto, inizia la sua corsa in discesa, giù dal monte, verso il piano, e poi sempre più giù. A Roma, poi, si dirigerà, lenta e assonnata, fino alla foce.
La stele – in evidentissimo stile fascista – reca scritto:
QUI NASCE IL FIUME
SACRO AI DESTINI DI ROMA
E lì accanto, un’altra scritta, stavolta di stampo trilussiano, ricorda che un fiume crea l’identità di un popolo.
E qua, alla sorgente del Tevere, il fiume che Ungaretti chiamò “fatale” e che associò a quelli che erano stati i fiumi della sua vita, mi è capitata una strana cosa! Io, nato sulle rive di un grande lago, mi ritrovo a riflettere su quelli che sono i miei fumi; quelli che mi conobbero, che ho tenuto sempre vicino e che sono: il Chiese, l’Adige, il Mella e il Tevere. Sono questi i miei fiumi, sui quali viaggia il ricordo di istanti di vita. Nei quali navigano i sospiri, i baci, i canti di gioia, le lacrime, le preghiere, le speranze, le paure.
I miei occhi e quelli delle persone che ho amato si riflettono nell’acqua di questi fiumi. Il loro scorrere lento ha ricevuto le poesie, i racconti, le tenerezze di sempre. La nostra vita è un fiume che scorre.
Parafrasando Ungaretti: “Tevere, mio fiume anche tu”. Sì, perché alla tua fonte ritrovo la sorgente di una giovinezza spensierata e nello stesso tempo determinata. Ricordo che dal Ponte di Castel Sant’Angelo, al tramonto, guardavo Roma “morire lentamente”.
Roma taceva nelle sere d’autunno. Roma, caotica e superficiale, taceva. Ed io mi ci tuffavo. Disturbavo quel silenzio con il mio passo. Camminavo per Roma di notte. E la vivevo deserta. Ne respiravo l’anima.
E tu, mio fiume, mi accompagnavi. Lento. Più lento di me. Bevevi la luce della città assopita, e mi facevi compagnia.
È bello ricordare e dirti quanto ti voglio bene, qui dove mi stai tutto in una mano!
(La sorgente del Tevere si trova sul monte Fumaiolo, a poca distanza da Verghereto, in provincia di Forlì-Cesena)