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venerdì, 13 settembre 2024 Aggiornato alle 10:45Pillole di Psicologia

La scuola che ascolta

di Marzia Sellini

Per molti bambini e ragazzi valsabbini è cominciata, o ricominciata, la scuola. Qualcuno si lamenta di questa partenza che detta il confine tra il tempo delle vacanze e quello dell’impegno

 


L’inizio della scuola coincide infatti con la fine della bella stagione estiva e dei giochi spensierati all’aria aperta e preannuncia l’arrivo dell’autunno, stagione umida e fresca che invita, sempre più, al ritiro, alla calma ed al riparo negli spazi chiusi. 

 

Le emozioni che accompagnano questi passaggi ciclici gradualmente mutano. L’allegria, la gioia, le grida lanciate al vento, le chiacchiere in movimento sotto il solleone lasciano il posto alle piccole nostalgie, malinconie ed ai sussurri che stanno col cader delle foglie. Ciò rappresenta per alcuni l’arrivo di un tempo dedicato perlopiù all’impegno cognitivo anziché a quello fisico e non tutti corrispondono con egual piacere a questa stagione.
 

E la scuola si contraddistingue per i fanciulli, in special modo, poiché è quel tempio in cui si esercita e compie l’ascolto. Un prerequisito fondamentale per qualsiasi apprendimento, ed ancor più, per qualsiasi relazione. 

 

Vediamo quindi di chiarire la complessità che contraddistingue questa pratica umana. 

Quando parliamo di ascolto non ci riferiamo al mero sentire, ovvero alla registrazione di suoni e alla loro decodificazione attraverso il canale sensoriale fisico, l'orecchio, ma anche al prestare attenzione a quel che si sta dicendo, all’udire, ovvero, all’impegno profuso per capire a fondo quel concetto, quell'idea che viene espressa oralmente mediante una parola. 

E se le parole sono tante e si susseguono, in un particolare ordine, occorre concentrarsi per tenere a mente e seguire il filo del discorso, formulato dal parlante, tentando di afferrarne il senso ed il significato.
 

Questa competenza è fondamentale e getta le basi che rendono possibile la comunicazione ed ancor più la comprensione tra esseri umani, facilitando le relazioni e generando benessere. Vediamo qui quali implicazioni può avere, per gli uni e gli altri, nel contesto scolastico, questa peculiarità umana.
 

Per i docenti

Ascoltare i bambini e i ragazzi è un’attività molto complessa che, come abbiamo detto, riguarda l'attribuire senso e significato alle parole pronunciate, ma badate bene, per un docente, che ha in mente l'orientare, il guidare e l'educare, è qualcosa di più, è anche co-costruire senso e significato, insieme a quell'allievo, a quell'allieva. 

Non solo e non tanto in senso stretto didattico, poiché non si tratta di replicare saperi bensì di generare, ogni volta, qualcosa di nuovo con quella personcina, riconoscendo e valorizzando le sue risorse personali. 

 

Ciò si rende possibile quando dal monologo - forma retorica che caratterizza il far lezione nella modalità frontale, tipica della didattica tradizionale - si passa al dialogo, e qui necessariamente si aggiunge qualcosa di proprio al dire dell'altro. Il tutto si compie e realizza, ancor più, quando si ritiene che il mondo cambia, che le società mutano, e con queste i giovani che abitano quel particolare periodo storico. 

 

Dunque è un'arte costruttiva quella dell'ascolto. 

Dobbiamo aggiungere che non si ascolta solo con le orecchie, ma anche col cuore, ponendo attenzione alla tonalità emotiva di quel dire. E certamente non sfuggirà che l'ascolto si compie anche con gli occhi, ponendo attenzione ai segni di quella che ormai tutti noi oggi sappiamo bene esser la comunicazione non verbale. 

 

La comunicazione infatti, include il dire con le parole e le espressioni del volto e del corpo. Pertanto, si comunica anche coi gesti e col movimento. 

Ne deriva che ascoltare include l'osservare quel che l'altro, non solo dice, ma anche fa. 

 

Nell'interazione che si compie tra un docente e quello studente/quella studentessa vi è anche quello che lui riconosce di lui/lei come persona

Ed è curioso e misterioso come alcune parole si aggrappino più di altre, impressionino la memoria più di altre. Le parole della lingua madre, a seconda dall'archivio del sapere implicato, appartengono già a filoni del pensiero, se ci interessiamo ad esse possiamo percorrerle, come le perle di una collana o come le gocce di rugiada sul filo della ragnatela di un ragno, per risalire fino alla chiusura del prezioso o per arrivare al centro della tana dell’artropode terrestre. 

 

Perciò diciamo che il compito della scuola dovrebbe essere quello di accendere la fiamma del sapere, appassionare i ragazzi alle diverse discipline, poiché attraverso le parole che vengono condivise, i saperi che vengono lì promossi non solo si mettono a disposizione i saperi necessari a diventare dei cittadini, non solo si diventa una persona adeguata ed attrezzata per la vita sociale ma ci si avvicina a quelli che possono diventare i propri ambiti di interesse lavorativo e professionale. 

Ascoltare è quindi una pratica che richiede un adeguato training formativo e che deve partire necessariamente dall’ascoltare prima di tutto se stessi.
 

Per i bambini e ragazzi. 

Vediamo che i bambini e ragazzi mostrano capacità diverse in merito alle competenze dell'ascolto, in termini di tempo di attenzione, interesse all’argomento, possibilità di capire la logica del discorso di quella particolare disciplina o tematica, comprensione del testo, sensibilità all'aspetto emotivo del dire, etc. Vediamo nella scuola che alcuni bambini sono quasi muti o comunicano poco e altri invece riempiono continuamente lo spazio sonoro con le loro parole.
 

Per gli psicologi scolastici. 

La presenza degli psicologi scolastici oggi può risultare fondamentale, innanzitutto perché dinanzi a delle difficoltà individuali possono aiutare coloro che sono "bloccati" a sbloccarsi, non essendoci sempre il tempo adeguato per poterlo fare in gruppo, in classe, con gli altri, e poi perché occorre insegnare loro competenze più adeguate, sul piano relazionale, per modulare e variare lo stile comunicativo. 

 

Va anche detto che gli psicologi scolastici possono aiutare i docenti a riconoscere risorse dove magari loro, per ruolo e necessità valutative, non possono vederle. 

Per esempio far capire che certi modi d'interazione particolarmente vivi sul piano motorio, da parte di alcuni ragazzini, possono essere legati alle attività sportive che svolgono in modo agonistico fuori dalla scuola, pur tuttavia si rende necessario intervenire anche con i ragazzi per aiutare loro ad autoregolarsi sul piano emotivo e comportamentale quando si trovano in quel particolare contesto.

L’osservazione dei bambini risulta quindi fondamentale soprattutto riguardo le loro modalità di comunicazione ed i contenuti che di solito privilegiano.
 

Avviandoci verso una conclusione che possa offrire qualche spunto risolutivo potremmo dire che i docenti potrebbero costruire, in collaborazione con gli psicologi, una sorta di profilo comunicativo per ogni bambino perché solo conoscendo le caratteristiche dei bambini si può intervenire in modo adeguato. 

Al tempo stesso occorre passare anche agli adolescenti quelle conoscenze utili e necessarie per riconoscere le gerarchie sociali, per aiutarli ad apprendere l'arte della negoziazione sociale, al di là dei loro talenti, dei loro saperi e dei loro risultati ottenuti.
 

Era già l'ora che volge il disio ai naviganti,
e intenerisce il core lo dì ch'han detto ai dolci amici addio;
e che lo nuovo peregrin d'amore punge,
se ode squilla di lontano che paia il giorno pianger che si muore.

 

Dott.ssa Marzia Sellini
Psicologa e Psicoterapeuta

Libera professionista

marziasellini@gmail.com

 

 


 

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