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domenica, 18 febbraio 2024 Aggiornato alle 07:57Blog - Glocal

La trasformazione del rapporto medico-paziente

di Valerio Corradi
Come sta cambiando il rapporto tra medico e paziente? Quanto incidono su di esso i processi di riforma della sanità, la svolta digitale, le incertezze professionali e le nuove idee di salute?
 
Il 2024 si è aperto col passaggio della gestione dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e della continuità assistenziale (ex guardia medica) alle Aziende sociosanitarie territoriali, in applicazione di quanto previsto dalla riforma regionale della Lombarda del 2021.
Negli scorsi giorni ha preso il via anche l’iter per l’approvazione del nuovo Piano sociosanitario regionale che fornisce gli indirizzi per la politica sanitaria lombarda da qui al 2027 e che insiste, tra le altre cose, sulla centralità del personale sanitario per il miglioramento nell’erogazione dei servizi.

Si tratta di novità che contribuiscono, insieme a molti altri dispositivi, a determinare le modalità e gli esiti delle future interazioni dentro il sistema sanitario e tra questo e i cittadini.
Le modifiche dell’assetto organizzativo si stanno calando in una realtà sociale nella quale vanno prendendo forma relazioni di cura che presentano forti discontinuità con quelle del passato.

Su tutti, oggi raccogliamo segnali di un profondo cambiamento del rapporto tra medico e paziente che, da più lati, appare meno scontato e più instabile.
È in atto una transizione nel modo di intendere i ruoli in campo sanitario che sta portando all’abbandono del tradizionale e rassicurante modello asimmetrico e gerarchico che aveva il suo perno nell’unanime riconoscimento dell’autorevolezza delle figure medico-scientifiche.

Stanno cambiando profondamente le rappresentazioni pubbliche del ruolo dei medici (siano essi di medicina generale oppure ospedalieri) e dei pazienti così come gli atteggiamenti concreti che essi mettono in campo gli uni rispetto agli altri.

Come ogni transizione, anche questa si accompagna a delle conquiste e a delle perdite.
Pur essendo vero che la figura del medico è una delle poche ad aver saputo mantenere nel tempo un elevato status di prestigio sociale è altrettanto evidente che sul fronte della pratica quotidiana i medici si misurano con inedite sfide relative alla propria identità professionale.

Si pensi ai vissuti ambivalenti suscitati dalle tecnologie digitali
, dalle pressanti incombenze quotidiane (turni, carenza di personale, stress, burnout) così come alle contrastanti richieste di impostare nuove modalità interattive con i pazienti ma anche di autotutelarsi di fronte all’esposizione a rischi, ad esempio sul piano legale o addirittura sul piano della propria incolumità (si pensi al triste fenomeno delle minacce e delle aggressioni).

Di pari passo è cambiata la stessa figura del paziente
trattato come “informato” ed “esperto”, ma che ha iniziato a riversare sulla relazione con gli operatori sanitari aspetti deformanti come l’ipocondria digitale, il “fai da te” terapeutico e l’adesione a credenze pseudoscientifiche che rappresentano i frutti, non esemplari, di un pur legittimo bisogno di conoscenza e di coinvolgimento.

Le trasformazioni organizzative in atto
si misurano quindi con medici e pazienti coinvolti in relazioni meno stabili e riconoscibili rispetto al passato, nelle quali entrano in gioco e pesano fattori psicologici, fiduciari, economici (la gratuità o meno della prestazione), tecnici (tipi di prestazioni), tecnologici, mediatico-comunicativi e non da ultimi valoriali.

Ne consegue che la qualità della sanità del prossimo futuro non discenderà solo dall’efficacia dei processi di riorganizzazione sistemica in corso, ma anche dalla capacità di medici e pazienti di stare dentro nuovi schemi di relazione che per forza di cose saranno sempre più aperti e negoziati e come tali, portatori di inediti limiti ma anche di inedite opportunità.

(tratto dal Giornale di Brescia)



 

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